LA CRISI E UN RAPIDO DECLINO ECCO COSA RESTA DI SPILIMBERGO
C’era una volta Spilimbergo città emporiale. E c’era una volta Spilimbergo città industriale. Un rapido declino l’ha però spogliata di tutte le sue peculiarità. La chiusura delle grandi aziende – Sintesi e Albatros soltanto per citare i casi più eclantanti – ha impoverito le zone industriali del Cosa e Nord, che ora sono semideserte. In particolare la prima è diventata terra di nessuno: poche e di dimensioni limitate le imprese che resistono, a renderla “viva” sono soltanto le presenze della piazzola ecologica e dell’ingombrante termovalorizzatore, o inceneritore che dir si voglia, di cui si è discusso animatamente nelle ultime settimane per un progetto che ne prevede l’ampliamento. È nata anche un’associazione che si oppone a questa eventualità, alla quale il Comune era pronto a dare il via libera in una seduta consiliare convocata alle 9.30 del mattino del 27 dicembre. Il confronto con le zone industriali di San Vito al Tagliamento e Maniago è ingeneroso. In questi due comuni, superata la crisi economica che ha comunque lasciato un segno con la chiusura di alcune fabbriche e la perdita di posti di lavoro, si è stati capaci, pubblico e privato, di trovare i canali giusti per ripartire. E le due aree industriali sono diventate fiori all’occhiello di cui andare fieri. Non così per Spilimbergo, dove, complice anche la carenza di infrastrutture adeguate, sono mancati nuovi insediamenti e sono falliti i tentativi di riconversione. Quello che rimane è desolante: capannoni vuoti e una “bomba ecologica” nell’ex Sintesi che richiederà costi notevoli per essere disinnescata. E i lavoratori costretti a trovare occupazione altrove.
Ma se l’industria piange, il commercio certo non ride. Spilimbergo poteva vantare un ruolo emporiale di primo piano nell’area pedemontana e montana pordenonese. Con i suoi negozi e il suo mercato attraeva persone da tutte le vallate e anche dai paesi subito al di là del Tagliamento. Ora non è più così. Punto di riferimento per chi abita nella parte alta della provincia è diventata Maniago, anche per la scelta di Spilimbergo di aggregarsi con San Vito e quindi spostare i propri interessi verso la Bassa pordenonese. E così, dopo le industrie, cominciano ad abbassare le serrande definitivamente anche i negozi di corso Roma e dintorni. Il commercio è stato delegato ai supermercati e ipermercati sorti in serie lungo la direttrice della circonvallazione, l’ultimo dei quali inaugurato pochi giorni fa. Non va dimenticato che le grandi concessionarie di auto del Friuli sono gestite da famiglie spilimberghesi, che col tempo hanno trasferito però le loro attività dalla città del mosaico a Pordenone e Udine. Sina ne è un esempio, e non l’unico.
Cosa resta, dunque? Resta la possibilità di intraprendere una terza via, quella del turismo slow, sfruttando la bellezza del centro storico, quella Scuola del mosaico che grazie alle dinamiche presidenze prima dell’ex sindaco Alido Gerussi e adesso di Stefano Lovison, imprenditore di successo, si è rilanciata a livello internazionale con iniziative di ampio respiro e nuovi spazi per le sue attività, una proposta enogastronomica di alta qualità (vini, salumi, formaggi e non soltanto) che trova nei ristoranti e nelle osterie locali un veicolo di diffusione. Senza dimenticare gli eventi sportivi o musicali, come la Tiliment marathon bike, cresciuta nel tempo e diventata, sotto la guida del presidente della Trivium Bepi Rossi, una manifestazione internazionale di grande richiamo, tanto da riempire gli alberghi di tutto il mandamento e anche oltre, o Folkest, che contribuiscono a fare conoscere Spilimbergo in tutto il mondo.
Questo è il quadro che si troverà ad affrontare la nuova amministrazione comunale che uscirà dal voto del 29 aprile. Un compito non facile, un’eredità lasciata dalle amministrazioni Francesconi che hanno dovuto fare i conti con due grandi cause che hanno contribuito a prosciugare le casse. Chiunque vincerà le elezioni sarà chiamato a invertire la tendenza, a tracciare un quadro nel quale Spilimbergo ritrovi le energie in grado di riportarla al ruolo rivestito un tempo. Per fare questo è necessario pensare al bene della propria città, lasciando da parte interessi di partito e mire personali.
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