La crisi dopo Baita: ora 1 miliardo di ordini
PADOVA. Il Mose, l’ospedale S.Angelo di Mestre, il Passante, la Piastra espositiva per Expo 2015. Sono queste le principali opere pubbliche a firma Mantovani: il gruppo principale della galassia di aziende controllate da Serenissima Holding Spa.
Oggi, alla guida della Mantovani, siede Giampaolo Chiarotto, figlio del fondatore Romeo. E’ lui l’amministratore delegato di un Cda rinnovato post caso Mose e post Piergiorgio Baita: l’ingegnere, ex ad, finito in manette a febbraio 2013.
«Mantovani ha voltato pagina», spiegava all’indomani della nomina il neo presidente Carmine Damiano, ex questore di Treviso. Oltre tre anni di lavoro per «cambiare pelle» e «dissociarsi» da colui che per decenni fu definito «un uomo solo al comando» della Mantovani: Baita.
Correva l’anno 1993: fu allora che Baita entrò nel gruppo per l’intuizione dell’azionista Romeo Chiarotto di virare verso il dragaggio e l'ingegneria idraulica, da cui l’ingresso nel Consorzio Venezia Nuova.
Mantovani divenne la chiave di volta del Mose ma anche l’azienda del project financing: la via alternativa agli appalti. Il primo embrione della holding si chiamava Forniture Industriali Padova (Fip) dove Chiarotto, classe 1929, entrò e diventò socio di Daciano Colbachini, negli anni ’50.
L’impresa Ing. E. Mantovani è invece bolognese, data 1949 e negli anni '60 costruì opere rilevanti come l'autostrada del Sole o il trampolino di Cortina per le olimpiadi del 1956. Fu acquisita solo nel 1987 quando la galassia creata nel frattempo era stata riportata sotto Serenissima Holding.
Il fatturato 2015 è di 450 milioni (633 milioni nel 2013) di cui 200 milioni solo Mantovani, dimezzati in due anni. Gli addetti sopra quota mille, 375 in Mantovani che si muove nel mondo come general contractor.
Oggi il portafoglio lavori segna un miliardo: l’ultima commessa ha un valore di 40 milioni ed è in Giordania per la costruzione del Porto di Aqaba sul Mar Rosso, unico porto del paese e una delle priorità infrastrutturali nazionali.
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