Khaled, energia e simpatia africane
Il re del raï firma un eccellente spettacolo in castello a Udine. Un artista cristallino che racconta l’amore, l’amicizia e l’allegria
UDINE. C’è il mutamento delle condizioni climantiche mondiale? Si profila il rischio di una desertificazione dell’Italia? Lo stivale si trasformerà in una plaga definitivamente conquistata dal Sahara? Lasciamo che il tempo e il disastro facciano il loro corso. Basta che tutto questo ci faccia ereditare anche la musica nord-africana, e in particolare quella di Hadj Brahim Khaled, il musicista algerino universalmente conosciuto con il nome di Khaled che ieri sera, chiamato da Gaffa per il cartellone di Udinestate, si è esibito sul piazzale del castello di Udine. Potente, energico, sostenuto da una band di sette virtuosi elementi, Khaled è tornato nel capoluogo friulano per portare il verbo assoluto ed esclusivo del raï pop, la musica nata dalla mescolanza della tradizione melodica algerina con le sonorità della musica internazionale. Purtroppo non c’era il pubblico delle grandi occasioni a salutare questo grande artista che dall’età di dodici anni calca le scene con la sua simpatia e con una capacità unica di accalappiare il pubblico con melodie affascinanti e ballabili. Perché, inutile nasconderselo, Khaled è un animale assoluto da palcoscenico, che ha affinato le sue doti fin dalla adolescenza nei matrimoni della sua città, Orano, portandovi la gioia di vivere, di ballare, di divertirsi della musica tradizionale. Lo dice lui stesso: «C’è qualcuno dalle mie parti che non capisce nulla di quello che faccio: io canto l’amore, la voglia di divertirsi, l’attrazione per le donne, l’amicizia. Valori positivi, che fanno parte della tradizione del mio popolo». Khaled è – in meglio, molto ma molto meglio – il Bregovic della musica nord-africana, con alle spalle qualcosa come oltre trentacinque anni di carriera. Ma non stiamo parlando di un vegliardo: la sua età raggiunge il mezzo secolo. Eppure in questi anni ha prodotto diciotto dischi e una quantità inenarrabile di concerti. Anche perché se Khaled ha una dimensione, è quella del palcoscenico, nella quale tutto diventa lecito. Citare i Gipsy Kings, lasciare che il tastierista si lanci in un coinvolgente raggamuffin’ o che il bassista trasporti l’orchestra in un funky dub degno della migliore tradizione. E non dimentichiamo: Khaled ha una vera e propria passione per il suo pubblico. Per lui avere davanti qualcuno che ama la sua musica, che ha voglia di ballare è lo stimolo a donarsi totalmente. Così ieri sera sul piazzale del castello, nonostante una netta divisione fra chi sotto il palco acclamava con sinuosi movimenti Khaled e chi invece considerava l’esibizione dell’artista alla stregua di un concerto di classica, il re del raï non si è risparmiato. Un concerto estemporaneo, che ha attinto a tutto il suo repertorio, da Kenza a Hafla fino al conosciutissimo e apprezzato Sahra che, nell’ormai lontanto 1996 lo portò all'attenzione del pubblico mondiale. Proprio da Sahra Khaled ha proposto il brano che dà il titolo all’intero album e la altrettanto conosciuta Didi, che all’epoca fu una hit internazionale. Un’ora e mezzo di concerto più una energizzante serie di bis per dimostrare ai suoi appassionati che lo adulano in modo disarmante che Khaled è e resta, con la bellezza del suo sorriso, il più grande cantante raï che il mondo fino a oggi abbia conosciuto.
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