Justin Owusu, quasi un mantra per raccontare la Udine del 2017

Il rapper descrive uno spaccato della quotidianità cittadina. Un piccolo inno che riassume il passato e le trasformazioni

UDINE. Prendi un drone, prendi il cuore antico di una città elegante dall’impronta veneziana, prendi un cantante dal volto simpatico, prendi un gruppo di amici disinvolti e allegri, prendi un regista che sa cercare e ritagliare punti di vista originali.

Prendi tutto questo e lo mescoli con il ritmo musicale del rap, sempre il più efficace quando si vuole raccontare una storia moderna, e ottieni così “Udine città”, video nel quale Justin Owusu, artista che ha genitori africani, ci rammenta all’infinito qual è il suo luogo d’origine, dove rivivere i ricordi dei primi passi, mossi tra asilo e scuole elementari.

E il suo “Udine città” viene ripetuto più volte nel corso del video, oltre una quarantina addirittura, proprio per ribadire, in una sorta di mantra, il senso di un’appartenenza vera che un ragazzo nato da famiglia friulana non si sognerebbe di ribadire con tanto fervore.

Camminando nelle piazze e nelle strade di Udine, narrata attraverso gli stupendi scorci colti dall’alto di cui è sempre prodiga quando si trova nei momenti migliori, Justin non vuole proporci troppe parole, come slogan o concetti da diffondere nella sequenza del linguaggio rap, ma va invece all’essenza e dirsi semplicemente udinese per intimo sentimento e sincera convinzione, quasi volesse suscitare la medesima certezza in chi lo ascolta affinché ne prenda atto senza timori, pigrizie o pregiudizi.

Qui e là nel racconto musicale spunta qualche rapido riferimento alla situazione sociale che sta vivendo Udine in un’epoca di profonde trasformazioni, con quanto ne consegue a livello pratico o di convivenza.

Justin parla così della comunità che si è formata mettendo insieme bianchi, neri e gialli, cita i mille sapori e mille colori che ne derivano, ricorda i nomi delle scuole che riuniscono il mondo multietnico giovanile (Marinoni, Marinelli, Stringher, Ceconi), omaggia il kebab di via Roma attraverso una delle immagini dedicate al quartiere della stazione.

Il breve viaggio si conclude, dopo una corsa su un’auto rossa, nel parcheggio dello stadio ai Rizzi, dentro l’orizzonte di una periferia.

Non è la prima volta che il rap cerca di raccontare Udine a suo modo. Per esempio, lo avevano già fatto i Carnicats.

Adesso la novità sta nel protagonista stesso, proprio in Justin che in quei cinque minuti di video (prodotto da Mattia Piras, in arte Matt Beatz, con la regia dell’inglese John McKellar) ci guarda dritto negli occhi e ci parla a nome suo e degli amici che gli stanno attorno, in un piccolo spaccato del mondo colorato che osserviamo distrattamente nella quotidianità.

Il messaggio è destinato certo ai loro coetanei, a chi insomma ha passione per il rap, ma non solamente. La speranza di Justin è che la canzone diventi una sorta di piccolo inno per Udine, quasi un simbolo della nuova Udine, per mescolare e unire il presente in fase di trasformazione e il passato scolpito nelle nostre architetture di città.

Tutto qui il significato di un video educato, artistico, a suo modo sorprendente, perché rivela il legame tra un ragazzo e un luogo. «Questa – dice Justin – è la città dove mi sono innamorato la prima volta, la mia città».

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