Investì un ciclista, automobilista assolto

Pontebba, la vittima morì tre giorni dopo. La difesa: «Procedeva contromano, impossibile evitarlo»
Udine 04 Luglio 2017 tribunale Copyright Petrussi Foto Press Turco Massimo
Udine 04 Luglio 2017 tribunale Copyright Petrussi Foto Press Turco Massimo
PONTEBBA. Lino D’Andrea gli si era parato davanti all’improvviso, procedendo in sella a una mountain bike contromano e lungo la sua stessa corsia di marcia. Impossibile evitarlo anche per lui che, imboccato il ponticello sul Fella, procedeva a soli venti chilometri orari. Eppure, nel procedimento penale per omicidio colposo avviato dopo il decesso del ciclista, pensionato di 80 anni residente a San Leopoldo, la Procura aveva insistito per la sua condanna. Per la giurisprudenza, infatti, l’automobilista deve essere in grado di prevedere anche i comportamenti illeciti altrui.


Ieri, il lungo calvario giudiziario di Giovanni Catania, 65 anni, a sua volta con casa e famiglia nella frazione di San Leopoldo, nel comune di Pontebba, si è chiuso con la sua assoluzione. «Il fatto non costituisce reato», ha dichiarato il giudice monocratico del tribunale di Udine, Paolo Lauteri, al termine del processo. Diverse le conclusioni del pm, che aveva chiesto per l’imputato una pena pari a un anno e quattro mesi di reclusione. Assente la parte civile, avendo i familiari deciso di coltivare la sola azione civile (causa peraltro già approdata a sentenza e appellata dalla stessa parte offesa).


L’incidente si era verificato in paese, attorno a mezzogiorno del 28 luglio 2013, e tre giorni dopo il ricovero all’ospedale di Udine l’anziano era spirato, lasciando nel dolore la moglie Elda e le figlie Roberta e Paola. Ai rilievi effettuati dai carabinieri della stazione di Moggio Udinese, il sostituto procuratore Luca Olivotto aveva affiancato la perizia di un proprio consulente, che, nel ricostruire la dinamica dei fatti, aveva accertato anche la condotta pericolosa tenuta dalla vittima. Catania si trovava alla guida di una Fiat Panda e procedeva a passo d’uomo, o quasi.


«Il mio assistito doveva attraversare il fiume – ha detto il difensore, avvocato Antonio Forza, del foro di Venezia – e, nello svoltare a sinistra e immettersi sul ponte, si è ritrovato la mountain bike a una distanza di dieci metri appena, contromano. Per quanto piano stesse guidando, non ha avuto tempo di reazione. Il ciclista, peraltro, era una persona anziana e con problemi di salute e, a quell’ora, con una temperatura di 34-36 gradi, non è escluso possa avere avuto un malore». Ecco perchè, di fronte a un caso di palese impossibilità di eseguire una manovra eversiva, il legale ha fatto ricorso all’esimente dello stato di necessità, sostenendo «l’impossibilità di evitare l’incidente».


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