Intascavano tangenti per i funerali: incastrati dai video

Tolmezzo: quattro mesi e 20 giorni di reclusione per il necroforo e l’impresario. Le difese: ricorreremo in Appello

TOLMEZZO. A incastrare il necroforo erano stati i video – finiti nelle mani dei Nas – che lo ritraevano mentre intascava le banconote. È su queste basi che l’inchiesta avviata dalla procura di Udine sulle mazzette concesse in cambio delle soffiate per i funerali aveva preso il largo un anno fa.

A finire sul registro degli indagati erano stati Simone Cusin, tolmezzino di 41 anni, tecnico necroforo di una cooperativa che lavorava per l’ospedale di Tolmezzo, Lores De Franceschi di Paluzza, 65 anni, rappresentante dell’omonima ditta di onoranze funebri, entrambi condannati, e Renato Benedetto, 64 anni residente a Majano, legale rappresentante dell’omonima ditta di pompe funebri, rappresentato dall’avvocato Stefano Milillo, unico assolto dal giudice.

L’udienza si è celebrata ieri dinanzi al gup Francesco Florit con il rito abbreviato. Simone Cusin, difeso dall’avvocato Paolo Dal Zilio, e Lores De Franceschi, che ha nominato legale di fiducia Gabriele Bano, sono stati condannati alla pena di quattro mesi e venti giorni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e per due anni dalla capacità di contrattare con la pubblica amministrazione, con sospensione condizionale della pena. Il giudice li ha inoltre condannati al risarcimento del danno a favore delle parti civili costituite (4 mila euro per l’Ass3 Alto Friuli – Collinare –Medio Friuli e 2 mila euro a favore della Cooperativa Noncello), più le spese legali.

Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Claudia Danelon, erano state condotte dai carabinieri del Nas tra il 2014 e il 2015. In tale periodo, secondo la tesi accusatoria, il necroforo avrebbe intascato più volte banconote da 20 o 50 euro dagli impresari delle pompe funebri, favorendo alcune ditte a scapito di altre. E proprio da una di queste ultime, che si sentivano escluse, è partita la segnalazione al direttore medico degli ospedali di Tolmezzo e Gemona nella quale la titolare sosteneva di essere svantaggiata da Cusin, nonostante le mance che gli elargiva. Da allora il telefono del necroforo è stato messo sotto controllo e nell’obitorio dell’ospedale di Tolmezzo sono state piazzate le telecamere. Così, nel faldone delle indagini, sono stati documentati una decina di episodi nei quali i dati su persone appena decedute o prossime al decesso venivano passati alle imprese funebri. Oltre allo stesso Cusin, nel registro degli indagati sono stati iscritti i titolari di due di queste ditte. Episodi risalenti all’ottobre e al novembre del 2014 che riguardavamo prevalentemente rapporti con De Franceschi e, in un paio di casi, con due addetti dell’impresa Benedetto. Ieri la sentenza del giudice Florit, che ha assolto Benedetto dal reato a lui ascritto «perché non è sufficiente la prova che l’imputato abbia commesso il fatto» e ha condannato Cusin e De Franceschi e 4 mesi e 20 giorni di reclusione, pena sospesa, più il risarcimento dei danni.

Una decisione che ha colto di sorpresa le difese, decise a ricorrere in Appello. «Nell’udienza precedente – ha commentato l’avvocato Bano – il giudice aveva ritrasmesso gli atti al pm poichè dal fascicolo non emergevano fatti concreti per sostenere l’accusa di corruzione, tutt’al più si poteva ipotizzare un’accusa per atti contrari ai doveri d’ufficio. In seguito abbiamo depositato ampia documentazione sulle corpose indagini difensive. Abbiamo scelto il rito abbreviato ed eravamo convinti che il giudice avrebbe pronunciato una sentenza di assoluzione. Ci conforta che vi sia stata una riqualificazione del reato contestato da parte dell’accusa e che il giudice abbia concesso le attenuanti, giungendo a una sentenza per il minimo della pena, ma faremo ricorso». Stesso dicasi per l’avvocato Dal Zilio che, riservandosi di leggere le motivazioni della sentenza, ha preannunciato il ricorso in Appello.

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