Intascava i soldi dei clienti, il notaio Conte condannato a sei anni

UDINE. Vivere da nababbo con i soldi dei clienti è costato al notaio Fabio Conte una condanna a 6 anni di reclusione. Tanto aveva chiesto il procuratore aggiunto Raffaele Tito, al termine della requisitoria con cui, un mese fa, lo aveva indicato responsabile di un lungo elenco di ipotesi di peculato, per un totale di 313 parti offese e 585.773 euro di imposte di registro non versate all’Agenzia delle entrate tra il 2012 e il 2013, e tanto gli è stato inflitto ieri, con la sentenza emessa dal tribunale collegiale presieduto da Angelica Di Silvestre (a latere, i colleghi Mauro Qualizza e Roberto Pecile).
Nei suoi confronti, i giudici hanno inoltre disposto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e quella legale per tutta durata della pena, oltre che la confisca delle somme e dei beni in suo possesso, fino alla concorrenza di 250 mila euro, che il gip aveva già posto sotto sequestro preventivo nell’estate del 2013. Quanto alle richieste avanzate dalle oltre cinquanta parti civili, il collegio ha riconosciuto il loro diritto al risarcimento del danno, rinviandone ad altro giudizio (in sede civile) la liquidazione.
Gli atti saranno trasmessi al Consiglio notarile di Udine e Tolmezzo, che dal 2014 lo aveva sospeso dall’Albo, in attesa della definizione del procedimento. Accusato anche di falso ideologico ed evasione dell’Iva, il 52enne professionista udinese è stato assolto da quest’ultima ipotesi - relativa all’omesso versamento per 82.525 euro per la dichiarazione 2011 -, con la formula «perchè il fatto non sussiste», in quanto depenalizzata a seguito dell’innalzamento delle soglie di punibilità penale.
I difensori, avvocati Alberto Tedeschi e Stefano Mauro, che nella discussione avevano insistito sull’«assenza di volontarietà nel distrarre le somme ricevute», chiedendo l’assoluzione di Conte da tutte le accuse, hanno rinviato ogni valutazione sulla sentenza, oltre che la sua impugnazione in appello, all’esame delle motivazioni (deposito fissato entro novanta giorni). Il dispositivo, va da sè, non avrà effetti pratici fino al suo passaggio in giudicato.
I guai, per il notaio, erano cominciati nel luglio 2013, con la segnalazione che l’Agenzia delle entrate aveva inviato alla Procura su una serie di somme di denaro non versate - per un totale di 250 mila euro - e che i suoi clienti gli avevano invece consegnato, affinchè li adoperasse per il pagamento delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, su ciascuno degli atti rogati. I successivi accertamenti della Guardia di finanza avevano portato a ipotizzare un debito complessivo nei confronti dell’Erario superiore ai 500 mila euro. Da qui, le perquisizioni e i sequestri nello studio e nelle abitazioni, a Udine, Villa Vicentina e Sedegliano.
Nel ricostruire la vicenda, Tito si era soffermato in particolare sul tenore di vita tenuta nel periodo in cui dirottò sul proprio conto il denaro dei clienti. Era bastato passarne in rassegna gli spostamenti e le strisciate delle carte di credito a lui intestate, compresa l’esclusiva Centurion, per parlare di «bella vita», trascorsa tra Milano, Montecarlo, Saint-Tropez e Cancùn, «spendendo e spandendo» da un negozio all’altro.
Nel carrello, «gioielli e scarpe da 800 euro». Entrato nel vortice delle indagini, però, agli occhi del pm Conte non avrebbe fatto niente per migliorare la propria posizione.
«Alla promessa, in sede di udienza preliminare, di reperire le somme necessarie a soddisfare le richieste di tutti i clienti entro la fine del processo di primo grado – aveva ricordato nella requisitoria –, non è seguito alcun risarcimento». Il che aveva convinto il magistrato a escludere la concessione delle attenuanti generiche.
«Ha sperato fino all’ultimo di trovare una parziale provvista per ristorare i clienti – avevano ribattuto i difensori –, ma nel frattempo è rimasto senza sigillo, e quindi nell’impossibilità di esercitare, senza genitori (suo padre aveva garantito per lui, ndr) e con i beni familiari già gravati da ipoteche da parte delle banche e i conti correnti sequestrati». Tutte questioni che, ora, con ogni probabilità rimbalzeranno davanti al giudice civile.
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