Incredulità tra i compagni di classe

Nella quarta E dell’Itg Pertini minuto di silenzio per onorare Tarlok Singh

SACILE

«E’ stato un colpo a tradimento la morte del nostro compagno di classe». Cinque ore di scuola vissute con un macigno dentro, ieri da Victor, il compagno di banco del ragazzo indiano che, 48 ore prima a Sacile, si era sdraiato sui binari e si era lasciato travolgere dal treno in corsa. Una tragedia assurda, quella rivissuta nel microcosmo della classe. E’ stato osservato un minuto di silenzio per ricordarlo, nella quarta E dell’Istituto tecnico per geometri Pertini a Pordenone, tra le lacrime e la commozione che si leggeva sui volti di chi condivideva con Tarlok l’impegno quotidiano sui banchi. Il magone fanno fatica a gestirlo anche i professori e la mattina vola via, con il cuore a pezzi.

«Il primo giorno di scuola era assente e lo abbiamo aspettato – ha detto Cosmin, affranto insieme con 21 compagni della classe quarta –. Ma la morte se l’è portato via». A 17 anni la morte che spazza via i sogni non è un pensiero sostenibile. «Lo conosco da tre anni – lo ricorda come se fosse vivo Victor – e non ci credo che si sia suicidato. E’ incredibile per un tipo tranquillo, educato, gentile come lui. Conosco la sua famiglia: sono immigrati del Pubjab e lavorano, come la mia famiglia che è africana. Insieme facevamo i compiti, a Sacile». In tre anni di scuola, una litigata e basta. «Era tornato dall’India da pochi giorni, forse era cambiato – è un’ipotesi senza peso, tra i ragazzi della quarta E –. Siamo vicini alla famiglia: il nostro compagno era figlio unico, di religione sikh, e non faceva mai cavolate».

Diceva a Victor di provare l’orgoglio di essere sikh e che voleva tornare in India, dopo avere conseguito il diploma di geometra. «Ci sentivamo su messanger on-line, durante l’estate». Hanno intrecciato i ricordi con l’insegnante Giorgio Di Bert i ragazzi del Pertini, guardandosi le mani con gli occhi vuoti, con quel sentimento di impotenza che dà una spallata a tutto. «Ci è rimasto il suo libro di diritto, nello zaino – è una specie di sollievo per sentirsi vicino all’amico ingoiato dal buio della notte –. Un ricordo che conserveremo per sempre».

Momenti di commozione a scuola e la comunità indiana si è stretta intorno alla famiglia. «E’ stata una tragedia – ha partecipato al dolore Narinder Ratia, che anima il tempio sikh a Cecchini di Pasiano –. Nessuno sa come sia potuto accadere: i genitori sono brave persone e soffrono tanto. E’ probabile che rimanderanno la salma in India, per la cerimonia funebre». Il ragazzo che sognava di costruire case nel Punjab era nato a Rajpura. Dopo lo tsunami, che nel 2004 aveva devastato il Sudest asiatico, il padre Amrik aveva cercato di fare fortuna in Occidente, come operaio. Una fortuna a tempo determinato, scontata con il dolore più grande. Adesso per la famiglia Singh cambia tutto, con il dubbio se fare ritorno in India o rimanere in Italia dopo la cerimonia funebre che sarà celebrata nel grande Paese asiatico.

Chiara Benotti

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