Inchiesta sul clan dei Casalesi l’imprenditore Carpenedo assolto

UDINE. Lo avevano accusato di avere agito a favore dei clan camorristico dei Casalesi e lo avevano arrestato per le ipotesi di reato di falso, truffa, violazioni del testo unico bancario e reimpiego di denaro di provenienza illecita (riciclaggio).
Ma lui si era sempre protestato estraneo ai fatti. Ora, a certificare la sua innocenza, è il tribunale di Napoli. Gian Giuseppe Carpenedo, l’imprenditore di 49 anni, originario di Udine e residente a Vicenza, finito in cella il 6 dicembre 2011 e rimesso in libertà il successivo 27 gennaio, è stato assolto con formula piena «per non aver commesso il fatto».
L’inchiesta nella quale il manager friulano era rimasto coinvolto era la stessa che aveva visto finire nel mirino della Procura, tra gli altri, l’ex sottosegretario del Pdl, Nicola Cosentino, accusato di essere il referente politico dei Casalesi. Secondo i magistrati partenopei, Carpenedo, titolare della “Tenepo Group”, impresa specializzata nell’avvio di centri commerciali, avrebbe contribuito a reperire fondi per la società “Vian Srl” legata a Cosentino, per l’acquisto di un terreno dove costruire il centro commerciale “Il principe”, a Villa di Briano, nel casertano.
«Ho passato 36 giorni in carcere e 22 mesi di incubo. La mia vita è stata demolita e la mia professione anche». Il commento di Carpenedo contiene l’amarezza accumulata in tutti questi mesi di indagini, interrogatori e udienze. «Pochi mi hanno pugnalato alle spalle - afferma l’imprenditore -, qualche persona meschina e moralmente disonesta ha cercato di infierire ulteriormente. La verità è venuta a galla e adesso devo riprendere in mano la mia vita».
Il suo pensiero, adesso che è finita, va anche agli agenti di polizia penitenziaria, che definisce «grandi persone», e ai detenuti «che a volte sono incarcerati anche senza colpa». L’attesa, tuttavia, non è finita. Ora si tratta di conoscere i dettagli relativi agli altri imputati e, naturalmente, anche le motivazioni della sentenza.
Era stato il suo difensore, avvocato Lino Roetta, di Vicenza, a ottenere un primo risultato nel gennaio dell’anno scorso, con la decisione del tribunale del riesame di liberare Carpenedo dal carcere, dove era stato condotto dopo la notifica della misura cautelare emessa dal gip Egle Pilla, nell’ambito della maxi-operazione della Dda di Napoli contro il clan camorristico. Al manager udinese si contestava proprio l’aggravante di avere svolto le attività in capo d’accusazione nella consapevolezza di agire per i Casalesi.
Il legale aveva contestato la mancanza di indizi di colpevolezza tali, da giustificare la necessità di una misura così grave. Fin dal primo interrogatorio, Carpenedo aveva sostenuto di non avere mai sospettato che nella vicenda fossero coinvolti anche i Casalesi.
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