Incendi al campo nomadi, condanne a cinque rom

Udine, la decisione del giudice: ipotesi derubricata da dolosa in colposa e smaltimento illecito di rifiuti
Udine 08 Febbraio 2012 incendio campo nomadi Copyright PFP/TURCO
Udine 08 Febbraio 2012 incendio campo nomadi Copyright PFP/TURCO

UDINE. Otto roghi in poco più di venti giorni. Troppo, per non destare i sospetti dei carabinieri del Noe e fare scattare tre mesi di monitoraggio “a distanza” su un’area demaniale di circa 1.500 metri adiacente al campo nomadi di via Monte Sei Busi. Di quei filmati e di quelle fotografie la Procura si era servita per formulare un lungo capo d’imputazione per le ipotesi di reato di smaltimento illecito e incendi di rifiuti urbani e pneumatici a carico di cinque rom.

Ieri, il giudice monocratico del tribunale di Udine, Carla Missera, ha emesso il verdetto: condanna per tutti. Derubricando però, da dolosa a colposa l’accusa di incendio contestata soltanto a due di loro.

A Gianfranco Maier, 70 anni, la pena più alta: 1 anno e 6 mesi di reclusione e 200 euro di multa per le ipotesi di incendio e getto pericoloso di cose, in relazione ai vapori e ai gas che si erano sprigionati in una nube di dimensioni allarmanti, il 13 febbraio 2010. A sua volta accusata di incendio, oltre che di smaltimento illecito dei rifiuti, Albertina Pasquale, 65 anni, si è vista infliggere invece 1 anno di reclusione e 3 mesi e 10 giorni di arresto. Sentenza di condanna anche per le altre tre imputate, tutte accusate della sola ipotesi di smaltimento illecito di rifiuti urbani: Antonella Levacovigh, 46 anni, a 7 mesi e 20 giorni di arresto, Daniela Levacovigh, 55, a 3 mesi, e Lucia Levacovic, 60, a 3 mesi e 20 giorni.

Gli episodi si erano verificati nei mesi di gennaio e febbraio del 2010 e in un paio di occasioni le fiamme erano sfuggite al controllo, trasformandosi in veri e propri incendi, che avevano messo a repentaglio l’incolumità degli stessi abitanti del campo nomadi. Era stato il pm Viviana Del Tedesco, la scorsa udienza, a ripercorrere le tappe dell’inchiesta.

Decisivi i filamti realizzati dal Noe e che avevano immortalato diversi mezzi arrivare nell’area - la stessa che il Comune aveva bonificato un paio d’anni prima con un investimento di 200 mila euro -, scaricare rifiuti accatastando materiali diversi e poi andarsene. Da qui, la prova schiacciante sull’identità di chi aveva appiccato il fuoco. Tutt’altra l’interpretazione dei difensori. L’avvocato Federico Plaino, legale di Maier, aveva tra l’altro escluso una volontà di dar fuoco ai parenti, contestando quindi l’ipotesi del dolo. L’avvocato Pieraurelio Cicuttini, difensore della Pasquale, aveva invece affermato come i nomadi siano costretti a vivere «in baracche con alle spalle una discarica a cielo aperto alimentata da artigiani e imprenditori». (l.d.f.)

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