In un mese di lockdown 23 mila aziende costrette a chiudere, solo metà ha potuto lavorare in emergenza coronavirus

Sono state 4.000 le comunicazioni e richieste di autorizzazione arrivate alla Prefettura e vagliate da un apposito gruppo di lavoro
Un operaio dotato di guanti, occhiali protettivi e mascherina, a lavoro nell'impianto produttivo di Alcantara, uno dei brand più importanti del Made in Italy, con sede a Nera Montoro, frazione del comune di Narni (TR), in occasione della riapertura dello stabilimento a seguito delle misure imposte dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per arginare la diffusione del Coronavirus, 15 aprile 2020. ANSA/CLAUDIO PERI A worker equipped with gloves, protective glasses and mask, at work in the production plant of Alcantara, one of the most important brands of Made in Italy, based in Nera Montoro, a hamlet of the municipality of Narni in the province of Terni, on the occasion of the reopening of the factory following the measures imposed by the Prime Minister's Office to counter the spread of Coronavirus, 15 April 2020. Alcantara is one of the most important Made in Italy brands. ANSA / CLAUDIO PERI
Un operaio dotato di guanti, occhiali protettivi e mascherina, a lavoro nell'impianto produttivo di Alcantara, uno dei brand più importanti del Made in Italy, con sede a Nera Montoro, frazione del comune di Narni (TR), in occasione della riapertura dello stabilimento a seguito delle misure imposte dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per arginare la diffusione del Coronavirus, 15 aprile 2020. ANSA/CLAUDIO PERI A worker equipped with gloves, protective glasses and mask, at work in the production plant of Alcantara, one of the most important brands of Made in Italy, based in Nera Montoro, a hamlet of the municipality of Narni in the province of Terni, on the occasion of the reopening of the factory following the measures imposed by the Prime Minister's Office to counter the spread of Coronavirus, 15 April 2020. Alcantara is one of the most important Made in Italy brands. ANSA / CLAUDIO PERI

UDINE.  A un mese dall'entrata in vigore del primo decreto governativo che ha determinato il lockdown delle aziende, le attività della provincia di Udine che restano ancora chiuse sono il 46,3% e appartengono, per la maggior parte, ai settori del Commercio all’ingrosso e al dettaglio (23% delle sospese), Costruzioni (20%), Servizi di alloggio e ristorazione (15%), Attività manifatturiere (10%).

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I dati. Nella provincia di Udine le aziende che al momento del lockdown del 23 marzo erano in possesso dei codici Ateco legittimanti la prosecuzione automatica dell’attività erano 25.031 su un totale regionale di 47.573 aperte (52%). Per effetto del decreto del 10 aprile il numero delle aziende con codici consentiti sono aumentate di ulteriori 829 unità, raggiungendo così, a distanza di un mese, la soglia delle 25.860 aziende della provincia che possono liberamente proseguire, pari al 52,6% di tutte le attività produttive della provincia di Udine.

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Le autorizzazioni. Le attività produttive della provincia che, invece, pur prive dei codici Ateco consentiti, hanno continuato ad operare anche dopo il 23 marzo per effetto di apposita comunicazione o autorizzazione della Prefettura sono state 1.394; ulteriori 486 hanno potuto riaprire, in seguito al Decreto in vigore dal 14 aprile. Ad un mese dal lockdown, quindi, il 3,8% delle aziende della provincia di Udine (pari al 7,8% di quelle sospese) ha interessato la Prefettura per poter continuare la propria attività.

Per garantire la prosecuzione delle attività consentite previa comunicazione, la Prefettura tra il 23 marzo e il 13 aprile (vigenza del primo Dpcm) ha gestito 2.403 comunicazioni e richieste di autorizzazione, e dal 14 aprile a ieri (vigenza del secondo Dpcm) ha ricevuto ulteriori 1.893 comunicazioni, acquisendo, nell’arco di un mese, 4.296 informative (quest’ultimo numero è più alto rispetto a quello delle aziende che si sono rivolte alla Prefettura perché molte ditte hanno dovuto comunicare variazioni relative al proprio cliente beneficiario o la commessa ricevuta).

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La banca dati. La Prefettura di Udine ha inteso approntare un sistema di gestione informatizzato delle comunicazioni, che da un lato realizzasse una modalità di comunicazione uniforme da parte delle aziende e, d’altro lato, consentisse – in sede di accertamento – un’agevole gestione delle informazioni. La procedura di comunicazione si può trovare sul sito istituzionale della Prefettura.

La task-force. La valutazione delle informative pervenute alla Prefettura è stata affidata ad un gruppo di lavoro che si sta riunendo tutti i giorni da un mese e che è composto da dirigenti della Prefettura, Comandante della Guardia di Finanza, referenti di Vigili del fuoco, Camera di Commercio e Regione. Si tratta di uno schema collaborativo ideato dopo poche ore dall’entrata in vigore del decreto che ha determinato il lockdown e ha attribuito alle Prefetture il compito di ricevere e gestire le comunicazioni degli operatori economici legittimati alla prosecuzione dell’attività.

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Oltre 4 mila richieste. In un mese il gruppo ha passato in rassegna tutte le oltre 4.000 comunicazioni e richieste di autorizzazione pervenute. Ciò è stato possibile grazie al database telematico sempre consultabile anche da remoto dagli Enti deputati al controllo e che raccoglie tutta la documentazione catalogata per attività produttiva.
Nello stesso periodo sono stati adottati 99 dinieghi di autorizzazione, 45 provvedimenti di sospensione e 1.101 provvedimenti di limitazione delle attività. La linea operativa è stata molto severa ma nel contempo garantista, essendo sempre stata riconosciuta alle aziende la possibilità di integrazione documentale.
 

Gli accertamenti. Agli accertamenti documentali continuano a fare seguito anche verifiche ispettive presso le aziende da parte della Guardia di Finanza, al fine di appurare l’attendibilità delle informazioni rese. Preziose per le verifiche in loco sono state anche le segnalazioni di irregolarità o di abusi pervenute dalle rappresentanze sindacali unitarie aziendali o dalle Organizzazioni sindacali. Importante, inoltre, la consulenza effettuata dalle associazioni di categoria alle imprese associate.

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