In maglietta nero verde per l’ultimo saluto a Ciccio

Celebrati in duomo i funerali di Alessio Moro, il 39enne anima dei “Madracs” I compagni di squadra: «Vogliamo arrivare al Tricolore, lo dedicheremo a te»
San Giorgio di Nogaro 23 Novembre 2018. Funerale Alessio. Foto Petrussi
San Giorgio di Nogaro 23 Novembre 2018. Funerale Alessio. Foto Petrussi



. Magliette verdi e nere indossate dagli amici dell’hockey Madracs di Udine, Daniele Antonello il compagno di banco diventato sacerdote a celebrare la messa e tanti palloncini verdi e neri volati in cielo. Commozione ed emozione, ieri, in Duomo a San Giorgio di Nogaro dove tantissime persone hanno voluto dare l’ultimo saluto ad Alessio Moro, il 39enne affetto da distrofia muscolare, deceduto mercoledì a causa dell’aggravarsi della malattia. A concelebrare il rito funebre anche monsignor Igino Schiff e l’amico Michele Zanon.

Alessio era stato l’anima e il fondatore della squadra friulana di Powerchair Madracs di Udine, ma anche volontario economo della Dum (l’associazione “Dinsi une man”), e lavorava come dipendente dell’Azienda sanitaria 2 Bassa Friulana-Isontina. Toccanti parole dell’amico, ma anche compagno di scuola, il sacerdote Daniele Antonello ha ricordato la voglia di combattere, la sopportazione e la viglia di vivere di Alessio: «Questo è quello che ci lasci», ha detto. Ha parlato delle sua ironia pungente, ma anche dello spirito di relazione, del saper stare con tutti, del mettersi in gioco, della sua bontà».

Il sacerdote ha ripercorso il calvario dell’amico da aprile fino al momento della scomparsa: «Perché di tutto questo calvario – ha detto – non c’è spiegazione razionale: la vita è un mistero insondabile che non riusciamo a spiegare. Di te ricorderemo il bene che hai fatto a tutti, quello che rimarrà a noi sono i ricordi più belli la bontà che se ognuno di noi prenderà ad esempio, Alessio resterà vivo in noi».

Commosso, tanto da doversi interrompere spesso, l’addio di uno dei volontari del Dum: Dov’è adesso, Alessio è libero di danzare senza quei vincoli e legacci che ha avuto nella sua vita terrena. Di te abbiamo voluto bene anche agli spigoli, alla tua trasparenza e schiettezza. Ricordiamo la tua rabbia per la burocrazia e le barriere (architettoniche) che limitano chi vive la tua condizione e di quando dicevi che “noi vogliamo soltanto essere felici come tutti”».

Benedetta, tra le lacrime, ha ricordato: così l’amico: “L’hockey per te era uno sport estremo. La tua più grande passione. I tuoi Madracs, il tuo più grande amore. Tu eri verde-nero nelle vene, fin dentro l’anima, fino al midollo. Tu eri totalmente dipendente. Eri una di quelle persone che quando vivono una passione, la vivono a 360° mettendoci tutti sè stessi. Quando sei arrivato abbiamo capito che avremo fatto qualcosa di bello e lo abbiamo fatto. Ora vogliamo arrivare al Tricolore e lo dedicheremo a te, era il tuo sogno. In campo, con la maglia 27, quante sponde ribaltate per le tue retro maldestre, e fuori, con quel tuo fare un po’brontolone. All’apparenza potevi sembrare un tipo schivo, sempre incazzato, ma noi lo sappiamo che quella era solo uno scudo. Tu, avevi un cuore d’oro, lo stesso maledetto cuore che ti ha portato via da noi. Tu che hai superato mille battaglie e sei sempre tornato sul campo. Ciao Ciccio, ci mancherai moltissimo, ma siamo sicuri che non ci lascerai mai soli».

Toccanti le parole della sorella Stefania, che ne ha ricordato l’esempio di gentilezza e lealtà: «Alessio, tu dicevi sempre che non bisogna lasciare mai le battaglie. Tu la tua l’hai vinta, fratellino». —



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