In auto, in casa con gli amici, all'aperto: le regole da seguire per evitare i contagi

Gli studi effettuati finora anche attraverso la misurazione dei livelli di Co2 negli ambienti chiusi sono chiarissimi: se due persone viaggiano a bordo di un’automobile con i finestrini chiusi in dieci minuti respirano l’8 per cento dell’aria che è già stata respirata
Giacomina Pellizzari

Arieggiare i luoghi chiusi. Se oggi ci troviamo in più persone a pranzo nella stessa stanza è buona norma aprire le finestre per consentire il ricambio d’aria. È importante farlo per non respirare la stessa aria rischiando di ricevere il coronavirus da uno dei presenti se è infettato e non sa di esserlo.

Gli studi effettuati finora anche attraverso la misurazione dei livelli di Co2 negli ambienti chiusi sono chiarissimi: se due persone viaggiano a bordo di un’automobile con i finestrini chiusi in dieci minuti respirano l’8 per cento dell’aria che è già stata respirata.

Si sottopongono così a un rischio di contagio alto. Se una delle due persone fosse contagiata dal Sars-CoV2, in mezz’ora avrebbe il 30 per cento delle probabilità di infettare l’altra. Ma se le stesse due persone viaggiassero con i finestrini abbassati di cinque centimetri, il rischio contagio si ridurrebbe sensibilmente.



Ormai è dimostrato che uno starnuto libera nell’aria fino a due milioni di goccioline, un colpo di tosse circa un milione e il solo parlare a voce alta quasi tremila. Se queste goccioline vengono liberate in tutti gli ambienti chiusi il rischio contagio aumenta. La stessa dinamica rilevata sulle automobile si riproduce nei bar, nei teatri, nei musei e soprattutto nelle scuole che da martedì prossimo torneranno ad accogliere gli alunni in classe fino alla prima media.

Tant’è che un centinaio di esperti e studiosi stranieri hanno scritto alle autorità spagnole per invitarle a introdurre misure urgenti per prevenire i rischi di contagio provocati dalla scarsa ventilazione. Gli scienziati spagnoli suggeriscono di monitorare la qualità dell’aria attraverso la misurazione della Co2. In un articolo pubblicato su El Pais ripreso dal quotidiano “La Repubblica”, la direttrice della piattaforma Cisic per il Covid, la virologa Margherita La Val, spiega che ognuno di noi respirando espelle il C02 e, quindi, più alta è la concentrazione di questo gas, peggiore è la ventilazione nella stanza.

Secondo la stessa studiosa vanno fissati e ammessi livelli di Co2 diversi a seconda del luogo dove viene effettuata la misurazione: in un teatro dove non è consentito abbassare la mascherina il livello di C02 dovrà essere fissato a un livello diverso rispetto a quello indicato per bar o ristoranti. Qui per consumare cibi e bevande la mascherina può essere abbassata.

E guarda caso è proprio nei bar che, in zona arancione, si sono contagiate diverse persone. La misurazione diventa fondamentale per far comprendere alle persone che le finestre non vanno aperte quando la stanza è vuota, bensì quando le persone sono al suo interno e quando le percentuali di C02 salgono oltre i livelli consentiti. A quanto pare la misurazione del Co2 non viene associata alle rilevazioni anti contagio da Sars-CoV2.

Già nella prima ondata della pandemia, l’Istituto superiore di sanità ha chiarito i rischi che si corrono negli ambienti chiusi o con impianti di ventilazione che non prevedono il ricambio d’aria. Da qui le raccomandazioni da seguire negli ambienti domestici: «È opportuno interrompere il funzionamento degli impianti di climatizzazione o di riscaldamento ad aria calda durante la presenza di persone estranee al nucleo familiare. Dopo l’uscita del visitatore, è opportuno provvedere a un’intensa ventilazione naturale mediante l’apertura di serramenti».

Nel report si legge inoltre che «ai fini della ventilazione naturale, devono essere prediletti serramenti rivolti verso i lati esterni dell’edificio piuttosto che verso cortili, chiostrine o pozzi luce».


All'aria aperta ci si infetta meno ma la mascherina va portata

All’aperto il rischio contagio da Sars-CoV2 è minimo. All’esterno non respiriamo aria che sia già stata respirata da altre persone come accade, invece, nei locali chiusi. Da qui il consiglio, rinnovato continuamente, degli studiosi: «Aprite spesso le finestre per far arieggiare gli ambienti».

Come indicato nella tabella qui a fianco, quando respiriamo ed espiriamo C02 le bollicine si disperdono nell’aria. «Il rischio reale di contagio da coronavirus si corre negli ambienti chiusi» ripetono i virologi nel commentare la presenza di gruppi di persone in luoghi aperti.

Prima di entrare in zona rossa, nei fine settimana anche nella nostra regione persone in gruppo passeggiavano sul lungo mare di Lignano e Grado o nelle località di montagna. In tutti questi casi, soprattutto se indossano la mascherina, il rischio contagio non si corre all’esterno, bensì nei bar o nei ristoranti dove la gente si ferma a bere e a mangiare qualche cosa.

Non a caso prima dell’ingresso in zona rossa, diversi baristi di Grado risultavano contagiati. Il virus entra nei locali chiusi attraverso le persone, le quali per consumare cibi e bevande devono abbassare la mascherina. Non va dimenticato, però, che anche all’esterno permane l’obbligo di indossare la mascherina.

L’obbligo va rispettato anche da chi, in zona rossa, esce per una breve passeggiata nelle vicinanze della propria abitazione. L’invito a rispettare le misure di contenimento del rischio contagio viene continuamente rinnovato per arginare anche la variante inglese diventata ormai prevalente anche nella nostra regione.

In auto: in 15 minuti inaliamo il 4% dell’aria già respirata

In spazi chiusi come può essere l’abitacolo di un’automobile, gli studi dimostrano che il rischio contagio da Sars-Cov2 è molto più alto rispetto a quello a cui si può andare incontro all’aperto.

Ecco perché alcuni studiosi spagnoli suggeriscono di misurare i livelli di Co2. Facendo questi test, il misurato ha dimostrato che le particelle di Co2 si accumulano all’interno, tant’è che in una quindicina di minuti inaliamo nuovamente il 4 per cento dell’aria che abbiamo già respirato.

In questa situazione è evidente che se all’interno della stessa auto viaggiano due o più persone, in assenza di ventilazione, in una decina di minuti l’8 per cento dell’aria che respiriamo è già stata respirata.

Questo accade perché l’aria viene condivisa da più persone e, inevitabilmente, il rischio contagio aumenta. Analogamente, la stessa situazione viene a crearsi negli ambienti chiusi in presenza di amici o parenti. Soprattutto in questo fine settimana, durante il quale nonostante la zona rossa, due persone accompagnati da ragazzi d’età inferiore ai 14 anni, possono andare a trovare amici e parenti una volta al giorno. Possono spostarsi all’interno della regione.

Ebbene se ci troviamo in compagnia di altri in una stanza con le finestre chiuse è opportuno ricordarsi che in quel luogo stiamo respirando l’aria degli altri. Da qui l’invito a osservare il distanziamento sociale, a evitare baci e abbracci e a indossare la mascherina. Anche durante il pranzo di Pasqua è consigliato mangiare seduti al tavolo distanziati.

Nell'abitacolo la trasmissione del virus sale al 71 per cento in un’ora

Viaggiare in più persone all’interno di un’automobile senza rispettare le misure di prevenzione può diventare uno dei momenti più a rischio contagio da Sars-CoV2.

Purtroppo non tutti i non conviventi accettano di sedersi nei posti posteriori e tanto meno di indossare la mascherina. La misurazione del Co2, invece, conferma che nel momento in cui due o più persone viaggiano assieme nella stessa automobile corrono rischi alti. Si stima infatti che se una delle due persone fosse contagiata dal coronavirus il rischio di infettare l’altra è abbastanza alto.

Sarebbe del 30 per cento in mezz’ora e del 71 per cento in un’ora. Questo significa che, se le stesse due persone viaggiano con i finestrini chiusi, basta un tragitto breve per rischiare la trasmissione del virus. Lo stesso rischio lo correrebbero i passeggeri degli autobus e dei pullman extraurbani se non venissero applicate le misure di prevenzione che obbligano i passeggeri a salire uno alla volta senza incrociare chi scende e a sedersi all’interno del mezzo ad almeno un metro di distanza uno dall’altro.

Si tratta di una misura di prevenzione indispensabile per arginare la trasmissione del virus soprattutto tra gli studenti. Non a caso il nodo trasporti è stato uno tra i più complicati da sciogliere per decidere il rientro in classe degli studenti che ora sono tornati a studiare a distanza.

Senza contare che anche nelle aule scolastiche si va incontro a rischio contagio. Ora che gli alunni fino ai ragazzi che frequentano la prima media tornano in classe, sulla base delle concentrazioni di Co2, è importante sapere quando e per quanto tempo aprire le finestre.

In viaggio meno rischi con il finestrino abbassato cinque centimetri

Nei luoghi chiusi il rischio contagio si riduce aprendo le finestre o creando un ricambio d’aria naturale all’interno della stanza. Il rilevatore di Co2 ha dimostrato che se le due persone che viaggiano a bordo della stessa automobile abbassano i finestrini di soli cinque centimetri, la ventilazione incrociata che si viene a creare può rinnovare l’aria fino a nove volte al minuto. In questo modo, l’aria respirata scompare e le probabilità di contagio da Sars–CoV2 si abbassano notevolmente.

Il consiglio quindi non può che essere di viaggiare sempre e comunque con il finestrino leggermente abbassato. Il ricambio d’aria è fondamentale su tutti i mezzi di trasporto.

L’abitacolo di un’automobile, insistono gli studiosi, è uno dei luoghi più a rischio contagio a causa delle sue limitate dimensioni. La conferma arriva dalla misurazione dei livelli di Co2: con i finestrini chiusi la concentrazione aumenta fino a raggiungere livelli preoccupanti proprio perché una parte di ciò che si respira è già stata esalata dall’altro passeggero.

Misurare i livelli di Co2 aiutano a prevenire situazioni di rischio che si possono evitare. In alcuni Paesi, come il Canada, la Germania o il Regno Unito, i governanti hanno già previsto il rilevamento di Co2 all’interno degli edifici, altri invece non ne fanno neppure cenno.

Da qui la lettera indirizzata alle autorità spagnole per sensibilizzarle su un rischio che continua a essere non facilmente eliminabile nonostante la campagna vaccinale in atto.

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