In arrivo l'ordinanza regionale per evitare la zona rossa in Fvg: nuove restrizioni per bar e negozi, ecco cosa prevede

Udine 07 novembre 2020 Gente e negozi in centro ©Foto Petrussi
Udine 07 novembre 2020 Gente e negozi in centro ©Foto Petrussi

UDINE. Alla fine passa la linea soft anche, se non soprattutto, rispetto alle previsioni di qualche giorno fa. Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna trovano sì l’accordo per una serie di ordinanze comuni – che verranno firmate giovedì 12 novembre dai rispettivi governatori – che riducono ulteriormente le maglie delle libertà, ma la stretta che verrà impressa nelle tre regioni è, onestamente, leggera, o almeno più leggera del preventivato.

Nessun blocco agli spostamenti tra Comuni diversi, come si mormorava mercoledì 11, né una riduzione degli orari di apertura di bar e ristoranti, che potranno continuare a operare “live” fino alle 18 come da Dpcm in vigore per le zone gialle, e nemmeno una chiusura delle vie e delle strade della movida.

La mossa delle tre regioni per evitare di diventare zona arancione – il nuovo monitoraggio è previsto per venerdì a livello nazionale – prevede, infatti, prima di tutto l’obbligo di consumazione soltanto seduti, in ogni tipologia di esercizio commerciale, a partire dalle 15 e in ogni giorno della settimana.

Inizialmente si era pensato di vietare le consumazioni in piedi durante tutto l’arco della giornata, ma, così facendo, sarebbero stati penalizzati quei bar, magari piccoli, che vivono, economicamente, con gli acquisti “volanti” come i caffè.

In questo modo, invece, si consente a queste tipologie di ristorazione di continuare a lavorare, provando – è la ratio del provvedimento – a ridurre gli assembramenti per l’aperitivo, oppure per il pre-aperitivo considerato come sia stato notato con evidenza che la chiusura alle 18 dei bar e dei pub ha portato, in molti casi, ad anticipare, specialmente nel fine settimana, l’orario di inizio delle serate da parte dei più giovani.

Contemporaneamente, inoltre, nelle ordinanze regionali dovrebbe essere specificato il divieto di consumazioni in piedi, e fermi all’esterno dei locali, di cibi e bevande acquistati nei vari negozi, sempre per provare a ridurre le occasioni di assembramento.

E se ai mercati verranno con ogni probabilità applicate le stesse indicazioni della scorsa primavera – come gli ingressi separati e un controllo delle presenze –, Massimiliano Fedriga, Luca Zaia e Stefano Bonaccini hanno anche deciso di intervenire sui centri commerciali, o meglio sui cosiddetti parchi commerciali erroneamente non compresi nell’ultimo Dpcm di Giuseppe Conte e che hanno portato, lo scorso weekend, a scene quasi surreali con interi maxi-store chiusi e altri che, invece, potevano liberamente lavorare e attrarre clienti.

I tre governatori, entrando nel dettaglio, hanno deciso che tutte queste strutture – fatte salve le tipologie di negozi che possono già operare come da disposizioni nazionali e parliamo ad esempio di edicole, tabaccai e alimentari – dovranno abbassare le serrande, al netto di capovolgimenti dell’ultimo minuto, sia nei prefestivi sia nelle giornate festive.

Attenzione, però, perché le tre Regioni valuteranno fino all’ultimo – e probabilmente sceglieranno questa opzione – anche la possibilità di chiudere ogni tipologia di negozio, pure quelli al minuto non inseriti nei centri commerciali e sempre tranne quelli ritenuti fondamentali dal Governo, domeniche e festivi.

In tutto ciò, inoltre, i governatori hanno intenzione di chiedere a palazzo Chigi una sorta di ristoro extra, e tarato sulle giornate di ulteriore chiusura, per le attività che da domani – quando entreranno in vigore le nuove ordinanze – dovranno adattarsi a regole più stringenti rispetto al recente passato.

Parallelamente, inoltre, sembra che saranno inserite nei testi legislativi un paio di quelle che potremmo definire vere e proprie moral suasion come l’invito a non raggiungere le località di vacanza, nonostante il beltempo, e, per gli over 65, a recarsi nei negozi e nei supermercati negli orari di minor affollamento.

Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna, dunque, stringono, ma non come si aspettavano in molti. A pesare sulle scelte finali è stata, probabilmente, anche la volontà, peraltro esplicitata in maniera netta da Fedriga nei giorni scorsi, di provare a ridurre le occasioni di assembramento, specialmente nelle città, senza però mettere ulteriormente in difficoltà quegli esercizi commerciali i cui incassi sono già stati ridotti dalla pandemia e dalle ultime disposizioni nazionali.

Una necessità, questa, che viaggia in parallelo al tentativo di evitate cadere in zona arancione – oppure anche rossa – come spiegato da Fedriga ancora martedì sera e, ieri, anche dai suoi colleghi di Veneto ed Emilia Romagna.

«La situazione di crescente emergenza, che si riflette nell’afflusso ai Pronto soccorso e nei ricoveri nei reparti Covid degli ospedali, esige purtroppo ulteriori restrizioni nelle attività – aveva detto Bonaccini –. Insieme ai presidenti Zaia e Fedriga, sentito il ministero della Salute, sto quindi predisponendo una specifica ordinanza regionale.

La diffusione dei contagi va fermata se non vogliamo rassegnarci a un carico che diventerà insostenibile per il sistema sanitario, al blocco totale dell’attività scolastica e all’attività lavorativa limitata ai soli servizi essenziali».

Sulla stessa linea d’onda di Bonaccini e Fedriga, quindi, anche Zaia. «Stiamo predisponendo un’ordinanza – ha detto il governatore veneto – che parlerà proprio degli assembramenti con l’obiettivo di garantire una serie di regole chiare a chi ancora non se l’è messe in testa. L’ordinanza verrà preparata assieme a Fedriga e Bonaccini, ma poi declinata in salsa locale a seconda delle peculiarità dei singoli territori». —


 

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