Il vescovo Pellegrini: "L’amore è più grande del male e della sofferenza"

PORDENONE. “L’annuncio degli angeli ai pastori a Betlemme è la buona notizia di Dio all’umanità che vince la paura, dona la gioia e apre alla speranza”. Così il vescovo della diocesi di Concordia-Pordenone, monsignor Giuseppe Pellegrini, ha incoraggiato i fedeli durante la messa natalizia, sottolineando come, in questo tempo di pandemia, “tutti desideriamo un po’ di luce. Pensavamo di trovarla nelle luci sfavillanti delle pubblicità natalizie, nelle vetrine luccicanti o nei veglioni di fine anno: quest’anno non è così. Infatti, siamo invitati ad assumere un nuovo stile di vita, più sobrio e più attento alle tante situazioni di povertà che ci sono nel nostro territorio e che il Covid ha aumentato ma che talvolta ci ha fatto dimenticare”.

Il vescovo ha ricordato nella sua omelia anche tutte le persone che vivono un Natale diverso, in particolare gli ammalati che non possono essere curati adeguatamente e le persone colpite dalle tante e diverse povertà sia economiche che sociali. E ha invitato a non aver paura perché “l’amore è più grande del male e della sofferenza; questo ce lo testimoniano i medici, infermieri, operatori sanitari, i tantissimi volontari che rischiano la vita per assistere chi è ammalato e chi soffre negli ospedali e nella case di riposo; le famiglie e gli insegnanti vicini ai più giovani, quanti si prendono cura degli anziani; i sacerdoti che con pazienza si mettono in ascolto e aiutano chi vive momenti di fatica; i vicini di casa che fanno la spesa per gli altri… tanti piccoli o grandi gesti che ci fanno vedere quanto l’amore sia vivo e presente. La venuta di Gesù spinge ciascuno ad essere un seminatore di speranza, stando vicino alle persone con il cuore”.
“Che senso ha la celebrazione del Natale in questi giorni di dicembre, segnati in modo davvero preoccupante dal protrarsi della pandemia?”. Comincia invece così il messaggio natalizio del vescovo di Vittorio Veneto (diocesi che comprende anche il Sacilese) Corrado Pizziolo. “Come hanno celebrato i nostri genitori e i nostri nonni il Natale in tempo di guerra? Certamente la situazione non era più facile, anzi per certi aspetti assai più tragica. E tuttavia a nessuno è venuto in mente di non celebrare il Natale. Anzi, proprio in quella celebrazione, vissuta non solo nelle parrocchie ma anche nelle trincee, trovarono forza per superare la tragicità della situazione. Ricordare la nascita di Gesù non solo non fa paura, ma costituisce per tutti un messaggio di fiducia e di speranza. Non è, quindi, meno Natale “perché c’è il virus. Anzi, per certi aspetti è più Natale che mai. Veramente la nostra umanità è, in questo momento, assai smarrita e dispersa. Essa ha bisogno di ritrovare il disegno originario che le dia direzione e senso”.
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