Il terremoto, il Vajont, la fanfara, l’orgoglio Ripercorsi i 70 anni in città del grande Ottavo

Storia e aneddoti sul reggimento, che domani riceverà la cittadinanza onoraria, raccontati ieri sera al San Francesco 

l’amarcord

«Ognuno di loro potrebbe scrivere un libro. Quelle che stiamo sfogliando attraverso le loro parole sono solo alcune delle pagine di storia del glorioso Ottavo reggimento bersaglieri a Pordenone».

Antonio Bacci, capocronista della redazione di Pordenone del Messaggero Veneto, ha riassunto così l’incontro “Bersaglieri a Pordenone”, moderato ieri all’ex convento di San Francesco.

Sul palco il generale Giuseppe Iacca, presidente dell’Anb Fvg; il generale Vezio Vicini; il luogotenente Giancarlo Imelio, figlio dello storico capo fanfara Luigi; il primo capitano medico Ettore Puglia; il sergente Ernesto Scaramuzza e il generale Antonio Bianchi. In regia Alfredo e Guido Imbimbo.

Ha iniziato Iacca ricordando il terremoto del 1976, quando, capitano alla caserma Martelli, si ritrovò a viverfra le mura di casa. Tutto che tremava, il figlio Ivan di soli 5 mesi preso in braccio e la fuga verso la porta, che non si apriva. E poi via in caserma per organizzare la prima colonna di aiuti e arrivare per primo a Gemona, passando tra paesi distrutti come Osoppo, dove la gente si aggrappava ai mezzi implorando aiuto. Il collega Umberto Paglino sarebbe subito arrivato dopo per soccorrerli. Vicini ha raccontato di quando, figlio di militare, venne a Pordenone ancora liceale. Sposò una compagna di scuola e alla caserma Martelli curiosamente fu un imbarazzato subalterno del padre ufficiale.

Gustoso l’episodio di Imelio, che ha narrato di quando il padre fu trasferito a Pordenone con 30 ragazzi di leva e arrivò di notte. Incrociò l’allora futuro consuocero che non volle farlo entrare in caserma, costringendolo a portare tutti all’Hotel Moderno. Ma ebbe torto, e con il suo modesto stipendio fu poi costretto a pagare il conto per tutti. Surreale l’episodio del medico Puglia, che per far sfilare il proprio comandante, gli fece una fiala di morfina al tallone disastrato. «Ho dopato il comandante» ha affermato divertito. E poi Scaramuzza, che appena ventenne fu scaraventato il 9 ottobre 1963 al Vajont, dove vide i resti di Longarone sepolti in un mare grigio di fango. E ancora il generale Antonio Bianchi, sull’alluvione del Polesine il 23 novembre 1951, quando i bersaglieri si ritrovarono pronti nel giro di un’ora per portare aiuti. Prima delle parole del generale Lorenzo Cadeddu sugli “Eroi pordenonesi. I fratelli De Carli”, le parole del tenente Renato Cicconetti, giunto da Udine. Sedia a rotelle, 92 anni, cappello piumato orgogliosamente ancora sul capo, è stato il simbolo più bello della serata.

Oggi alle 10 ci sarà l’inaugurazione de “La cancellata della caserma Martelli” e alle 20.30 il concerto dell’Orchestra Sio e la fanfara di San Donà di Piave all’auditorium Concordia. Domani la cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria all’8° reggimento: si comincia alle 10 nella stazione dei bus, poi alle 10.45 in piazzale Ellero fino allo sfilamento delle 12.15 in piazza XX Settembre. —

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