Il Rorai accusa l’arbitro di razzismo, ma lui nega: «Applicate le regole»
PORDENONE. Un caso di presunto comportamento razzista è stato sollevato anche nel mondo del basket giovanile pordenonese. A segnalarlo, la presidente del Rorai Lucia Pizzolato. La partita è di martedì scorso, categoria under 18, tra Azzano e appunto Rorai. L’arbitro è Paolo Beltramini di Udine.
«Al momento del riconoscimento dei giocatori – dichiara Pizzolato – noi abbiamo due atleti muniti di documento provvisorio, in attesa del rilascio della carta d’identità: un ragazzo bianco e uno di colore. L’arbitro decide di far giocare solo quello di pelle bianca: perché? Lo chiedo al direttore di gara, il quale mi risponde che secondo lui il giocatore di colore ha in mano una fotocopia, ma non è vero, perché i due documenti sono identici e la firma del messo comunale sull’atto del ragazzo di colore è stata fatta con il pennarello proprio per distinguerlo da una fotocopia».
«Prima che la partita avesse inizio – continua la presidente Pizzolato – sono stati chiamati telefonicamente sia Roberto Ros, messo comunale in pensione dello stesso Comune dove è stato redatto il documento, nonché ex arbitro, sia Matteo Palena, ex arbitro e designatore, carabiniere. Le comunicazioni sono state passate all’arbitro, ma non c’è stato nulla da fare. Sono rattristata, è il minimo che mi sento di dire». A questo punto il Rorai attende le decisioni del comitato provinciale arbitri e della Federazione. Sull’altro fronte, il direttore di gara non può replicare per regolamento.
Tuttavia il fischietto udinese è stato sentito dal presidente della Federbasket regionale Giovanni Adami, che ci ha riferito: «Ho in effetti ricevuto una mail dalla società Rorai nella serata di mercoledì scorso e ho subito contattato l’arbitro, che è un direttore di gara di lungo corso.
È andato su tutte le furie e ha negato le accuse di razzismo riferendo di aver soltanto applicatpo il regolamento. Si è trovato di fronte, ha detto, a due fotocopie, una autenticata e una no e ha sollecitato la società interessata a fargli pervenire, anche via Whatsapp o attraverso una telefonata, il via libera della Federbasket per poter far giocare la partita all’atleta. Non essendo arrivato il placet, non ha avuto altra scelta».
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