Il rilancio dell’economia passa da nuove conoscenze

Brinda Dalal: gli stimoli vanno condivisi per produrre e lavorare in modo diverso. Il professor Scienza spinge invece sui progressi delle genetica da applicare al vino

UDINE. Il futuro dell’economia e quello del vino, tra partecipazione e sostenibilità. Due temi apparentemente distanti tra loro, che però sono stati affrontati nell’ambito del Future Forum con lo sguardo rivolto ai prossimi decenni. Un futuro, ha messo in evidenza Brinda Dalal, direttore di ricerca all’Institute for the Future di Palo Alto, in cui «ci si dovrà liberare degli schemi attuali, anche in campo economico, partendo dal presupposto che non si tratta di qualcosa di lontano ma di molto vicino, con la necessità di condividere gli stimoli».

Dalal ha trasmesso un messaggio che lei considera fondamentale: «Potete essere creativi, ma per sviluppare le vostre peculiarità dovete cercare e trovare persone interessanti, condividere, scegliere un mentore, recepirne gli stimoli. Facendo delle cose a livello pratico, con altre persone, imparerete e migliorerete».

La condivisione, la cosiddetta “sharing economy” si sviluppa già e lo farà sempre di più anche nei settori del lavoro e dell’istruzione. Ne sono un esempio «piattaforme multimediali come Udemy, strumento di formazione e corsi on line, o Leafsnap, l’applicazione che riconosce le diverse specie di piante», come ha ricordato Dalal. Tutto nell’ottica di condivisione degli stimoli, per riuscire a «produrre, imparare e lavorare in maniera diversa».

Un cambiamento di visione che richiede anche il settore vitivinicolo. Il tema è stata sviscerato ieri da Walter Filiputti, Michele Morante, Raffaele Testolin, Attilio Scienza ed Eugenio Sartori durante l’incontro “Il futuro del vino”. Il professor Scienza ha invocato la necessità di «un patto che coinvolga tutta la filiera, per abbattere questa diffidenza nei confronti della genetica. Un patto che alla base deve avere l’impegno degli scienziati a comunicare con immediatezza al consumatore», perché grazie ai progressi della genetica, le “varianti resistenti” di oggi non sono affatto come i primi ibridi di 100 anni fa, figli di un’agricoltura povera e di qualità modestissima.

«Oggi – ha aggiunto Scienza – siamo alla quarta generazione di “ibridi”, che garantiscono buona resistenza alle malattie della pianta e buona qualità». È questo dunque il futuro del vino, «e il Fvg potrebbe anche qui giocare d’anticipo, essere tra i primi innovatori», ha ribadito Scienza.

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