Il prof dei profughi diventa commendatore

FRISANCO. «Non mi merito questa onorificenza per tre mesi di insegnamento: se parliamo d’altro, della mia vita da maestro, allora vabbè, l’accetto».
Benito Ermes Beltrame da Frisanco, 92 anni compiuti il 6 settembre e una grinta da vendere, minimizza: la notizia del conferimento, da parte della presidenza della Repubblica, del titolo di commendatore dell’Ordine al merito, l’ha colto in contropiede.
«L’ho sentita alla radio, me l’hanno confermata subito dopo alcuni amici. Quindi ho ricevuto la telefonata da Roma». Ci sarà alla cerimonia di consegna? «Cosa vuole, alla mia età... Se ci devo andare ci andrò».
Ma non ne è molto convinto, preferirebbe rimanere nella sua Frisanco, accanto ai “suoi” alunni, quelli che ha adottato la scorsa estate: profughi in cerca di un futuro, di un’occupazione, soprattutto di quell’istruzione che è loro mancata.
«Vada avanti con la storia» lo incalzano gli allievi. E lui, da consumato insegnante, prosegue la lezione, orgoglioso d’essere lì, tra loro. Di poterli aiutare.
Li hanno definiti gli “eroi della quotidianità”, riferendosi ai diciotto neo cavalieri, commendatori e ufficiali della Repubblica. Ma Benito Beltrame tutto si sente meno d’essere un eroe.
«Avevo lasciato il servizio trentasette anni fa, dopo averne trascorsi trentadue tra i banchi, tra la Val Colvera e Maniago» ricorda il maestro Beltrame, andato in pensione a 55 anni («Allora si usava così»).
Non avrebbe mai pensato che qualcuno avesse ancora bisogna del suo aiuto, come docente, sino all’inizio dell’estate. Da Caterina Miotto, di Casasola, era giunta una richiesta di collaborazione per un progetto in fase di avvio, indirizzato ai giovani profughi africani ospitati all’albergo Monte Raut a Frisanco.
Sono una ventina, tra i 19 e i 25 anni, provengono da Senegal, Ghana, Nigeria e Costa d’Avorio; sono arrivati in Italia ad aprile, parlano francese. Detto e fatto, All’inizio non è stato facile capire e farsi capire.
«Ci ho provato, aiutandomi col po’ di francese che conosco – spiega il maestro Beltrame – Si va avanti, giorno per giorno, ci si conosce sempre più e si imparano molte cose. Anche da parte mia».
Doveva essere un impegno saltuario, quello di alfabetizzarli, col passare delle settimane è divenuta una piacevole consuetudine che Beltrame affronta con la determinazione di un tempo, quando dall’altra parte della cattedra c’erano i ragazzi maniaghesi.
«La “scuola” è vicina a casa, arrivarci non è una difficoltà». Anche ieri era in classe, tra in suoi alunni. Con lo spirito di sempre. Quello di un eroe della quotidianità.
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