Il parroco del duomo: «Le nostre proposte sono state bocciate»

PORDENONE. «Le soluzioni proposte non hanno accontentato nè gli ortodossi, nè i tradizionalisti, per cui la soluzione per ora è che continuino a convivere come hanno fatto sinora». Monsignor Otello Quaia, parroco del duomo di Pordenone, cui fa capo la chiesa della Santissima Trinità, spiega così la gestione condivisa della chiesa cinquecentesca, che rappresenta un piccolo gioiello cittadino. All’interno, infatti, si trovano affreschi di Giovanni Maria Zaffoni, detto il Calderari (allievo del Pordenone) e di Pomponio Amalteo, genero del Pordenone e suo principale prosecutore.
«Il, vescovo – sottolinea monsignor Quaia – aveva proposto ai tradizionalisti del rito antico di trasferirsi nell’antica chiesa di San Pietro di Cordenons, nella frazione di Sclavons, ma loro non hanno accettato». Il motivo è comprensibile, «non vogliono andare via da Pordenone». D’altra parte la Santissima si trova in una posizione strategica, facilmente raggiungibile anche da chi proviene da fuori provincia.
«Alla comunità ortodossa che è sempre più numerosa – continua il parroco del duomo –, il Comune aveva offerto una sua proprietà in viale Treviso, ma non hanno i soldi per realizzare il luogo di culto».
A entrambi, Ortodossi e Cristiani cattolici tradizionalisti, «era stata fatta una proposta di trasferimento, che per motivi diversi non ha accontentato nessuno».
Monsignor Quaia è consapevole delle difficoltà. «Per celebrare con il rito antico – chiarisce – si deve strutturare l’altare in maniera tale che il celebrante dia le spalle al popolo. Gli Ortodossi hanno altre esigenze e devono sistemare gli arredi sacri in maniera diversa. Quando sono arrivato io, come arciprete del duomo, ho diviso la giornata di domenica per impedire che si ostacolassero a vicenda.
«In città – conclude monsignor Quaia – non ci sono altre soluzioni praticambili, non ci sono altre chiese chiuse da destinare, pertanto la convivenza dovrà per forza continuare».
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