Il padre di Massimo non si dà pace:«Una bella coppia e facevano sul serio»

di
MANUELA BOSCHIAN
PORDENONE.
Sanaa e Massimo si erano conosciuti per caso a Pordenone, dopo che lei era entrata al ristorante “Barrique” in cerca di lavoro. Era minorenne, e uno dei titolari, del quale De Biasio è amico e socio, le aveva detto di tornare dopo aver compiuto i 18 anni. L’ha preso in parola. Raggiunta la maggiore età lo scorso gennaio, la giovane si è ripresentata e, oltre a un contratto di lavoro al Monte Spia di Montereale, si era accaparrata pure il cuore di Massimo.
«Mio figlio e Sanaa erano una bella coppia e facevano sul serio – ha riferito ieri sera Gianni De Biasio, padre di Massimo e titolare dell’omonimo panificio di Montereale Valcellina che si affaccia su via Dante –. Stavano insieme da poco meno di un anno e da qualche mese erano andati a convivere qui in paese, nell’appartamento che avevo messo a loro disposizione».
Che Sanaa fosse originaria del Marocco o che la sua religione fosse quella musulmana, alla famiglia De Biasio non importava proprio nulla: «Era una brava ragazza, con tanta buona volontà e voglia di lavorare. Era venuta tante volte in panificio – ricorda il signor De Biasio – e fare il pane le piaceva moltissimo».
Gianni De Biasio non ha mai conosciuto la famiglia di Sanaa e non era al corrente degli screzi tra padre e figlia causati dalla relazione con uno straniero e dalla sua mentalità ormai totalmente e imperdonabilmente occidentale. Pare, invece, che la coppia negli ultimi tempi avesse già segnalato ai carabinieri le minacce che la giovane donna aveva a più riprese ricevuto da El Ketaoui Dafani. La solita cronaca di una tragedia annunciata, che nulla e nessuno sono stati in grado di prevedere e di parare. Nemmeno Massimo e Sanaa, devono essere stati consapevoli di quanto stava maturando nella mente di El Ketaoui Dafani. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che la coppia si sia lasciata avvicinare dal padre di lei senza troppe cautele.
A ricostruire la vicenda in tutti i suoi dettagli stanno provvedendo i carabinieri del comando provinciale di Pordenone, supportati negli accertamenti medico-legali dal dottor Roberto Campanella e coordinati nelle indagini dal pubblico ministero e dal capitano Pierluigi Grosseto, comandante della Compagnia carabinieri di Sacile, sotto cui ricade il territorio teatro dell’omicidio.
Secondo una prima ricostruzione dei fatti, la coppia stava salendo al ristorante Monte Spia a bordo dell’Audi quando, non è dato sapere se a sorpresa o meno, si è trovata alle prese con El Ketaoui Dafani, arrivato sin lì da solo al volante della propria vettura. «Non ho idea di quello che è successo di preciso – ha riferito una signora che abita a ridosso della stradina –, di sicuro un po’ dopo le sei ho sentito delle grida di donna. Avevo la finestra aperta e mi sono subito sembrate urla di dolore. Sulle prime ho pensato che qualcuno fosse caduto da cavallo, succede che passino di qua. Mi sono precipitata fuori, e con me altra gente che abita qui attorno. Ma mi sono tenuta in disparte e non so dire chi abbia chiamato l’ambulanza. Di certo, in quel lasso di tempo non ho visto nessuno dirigersi in auto verso il paese».
A quel punto, dunque, l’aggressore doveva aver già abbandonato la scena, lasciandosi alle spalle Sanaa agonizzante e Massimo in preda allo shock. La giovane donna è stata oggetto delle cure dei sanitari del 118 per oltre un’ora, ma invano. Sul boschetto ha fatto in tempo a scendere il buio, che l’ambulanza era ancora là ferma, con i lampeggianti a illuminare la macchia d’alberi dove la giovane è infine spirata. Sino alla tarda serata di ieri, l’arma del delitto non era stata ancora rinvenuta. Intanto, all’appartamento di El Ketaoui sono stati apposti i sigilli.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto
Leggi anche
Video