Il No alla riforma salva i fondi ai partiti in Regione

UDINE. La bocciatura della riforma costituzionale voluta dal Governo Renzi non è costata soltanto il ruolo da premier a Matteo Renzi, ma, a livello regionale, ha salvato anche i finanziamenti garantiti dalle amministrazioni ai gruppi politici presenti in Consiglio.
Anche in Fvg dove nel bilancio 2017 di piazza Oberdan è stata inserita la posta di 306 mila euro a titolo di “contributo funzionamento gruppi consiliari” che sarebbe scomparsa nel caso in cui la riforma Boschi fosse stata approvata dai cittadini italiani.
Il comma 2 dell’articolo 40 di quella che nelle intenzioni della maggioranza Pd sarebbe dovuta essere la nuova Costituzione, infatti, prevedeva espressamente come “non possono essere corrisposti rimborsi o analoghi trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica in favore dei gruppi politici presenti nei Consigli regionali”.
A differenza delle modifiche del Titolo V della Carta – quella che riguarda le competenze Stato-Regioni – le disposizioni su tale divieto, che sarebbe stato immediatamente valido, si sarebbero applicate anche alle Speciali, quindi pure a Trieste.
Nulla da fare, come noto, per cui in Regione resta tutto come prima con la conferma della quota assegnata ai gruppi di piazza Oberdan. Parliamo di “spiccioli”, in ogni caso, se confrontati con il passato visto che già alla fine della legislatura di Renzo Tondo si cominciò quella sforbiciata ai trasferimenti proseguita, in seguito, con le varie operazioni anti-vitalizi concretizzate dal 2013 in poi.
I 306 mila euro garantiti ai gruppi in Aula, infatti, rappresentano circa il 10% di quanto era stato stabilito all’epoca della presidenza di Riccardo Illy, ma – va sottolineato – non coprono la quota di spesa relativa al personale dei partiti.
Una somma – pari a 2 milioni 440 mila euro, comprensivo di contributi previdenziali e tasse e in cui rientrano anche i 115 mila euro per spese minori – a carico diretto della Regione, quindi non del Consiglio, necessaria a pagare la quarantina di dipendenti a tempo determinato dei gruppi e i cinque “fissi” che l’amministrazione mette e a disposizione dei partiti ogni legislatura.
In linea generale, inoltre, il bilancio dell’Aula prevede una chiusura d’esercizio pari a 22 milioni 656 mila euro.
Una parte considerevole, come ogni anno, sarà utilizzata per pagare i vitalizi degli ex consiglieri – 6 milioni 960 mila euro – e per gli accantonamenti necessari a coprire le indennità di fine mandato degli eletti e alle possibili richieste di restituzione dei contributi pro vitalizi nel 2018 (5 milioni).
Balza agli occhi, inoltre, il fatto che quello che viene versato agli ex consiglieri, supera la cifra relativa alle indennità di chi invece è in carica e che non va oltre la quota complessiva di 5 milioni 920 mila euro.
Il resto delle poste inserite nel bilancio preventivo, infine, coprirà le spese per la vigilanza delle sedi (495 mila euro), la pulizia degli stabili (360 mila), lo sviluppo e la manutenzione dei sistemi informatici e informativi (600 mila), le attività culturali (134 mila), le indennità per il Corecom (57 mila), il garante per i diritti della persona (65 mila), la commissione pari opportunità (41 mila 500) e l’acquisto di mobili e arredi (23 mila).
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