Il grande sogno di Silvio Jermann: un Collio-Brda nuovamente unito

I progetti della cantina di Dolegna del Collio. Nel 2015 il fatturato è cresciuto a 12,5 milioni di euro Il viticoltore: qui non c’è solo vino, bisogna pensare anche all’accoglienza e ai prodotti biologici

DOLEGNA. La cantina di Silvio Jermann, un’importante realtà del mondo agricolo regionale, una vera e propria eccellenza nella produzione, occupa la 455.ma posizione nel ranking delle aziende del Friuli Venezia Giulia.

L’azienda, che ha sede proprio sotto il castello di Trussio, frazione di Ruttars di Dolegna del Collio, in un anno, tra il 2014 e il 2015 ha scalato 15 posizioni, con un fatturato salito da 12,1 a 12.5 milioni di euro e un utile cresciuto da 720mila a 2milioni di. Il patrimonio netto nel 2015 risultava pari a 71,5 milioni a fronte dei 69,4 dell’anno precedente.

Nell'aprile del 2004, Silvio Jermann ha fatto pubblicare un annuncio per brindare alla correzione del cognome, dopo 90 anni, e ai Paesi dell'Est Europa, con un sogno: un Collio-Brda nuovamente unito.

La famiglia Jermann, infatti, è originaria di Bigliana (oggi in Slovenia) dove nacque Antonio, nel lontano 1841, il quale si trasferì a Farra a quarant'anni e lì, nel 1887, venne alla luce il figlio Michele, nonno di Silvio.

Una passione, quella del fare il vino, che è dunque nel dna della famiglia Jermann.

«Sono nato fra i vigneti - afferma Silvio - e spinto da questa passione ho deciso di andare a studiare enologia a Conegliano. Erano gli Anni '70 e ho diretto anche l'enoteca "La Serenissima" di Gradisca, ma sentivo la necessità di completare le mie esperienze all'estero, in Canada, per avere un'altra prospettiva».

Non sbagliava affatto, era ed è ancora all'avanguardia. E poi?

«Affinati gli studi a San Michele all'Adige torno a casa e do il via a quella svolta che ci contraddistingue, con acquisizioni di nuovi vigneti sia a Farra sia a Dolegna del Collio sutilizzando, però, varietà autoctone e tradizionali: Tocai (Friulano), Ribolla gialla, Malvasia istriana e Picolit».

Etichette da lei stesso disegnate, invenzioni e innovazioni. Quali innovazioni?

«La nuova cantina di Ruttars è certificata CasaClima Wine, diversi nostri vini sono imbottigliati col tappo a vite e alcuni esclusivamente a vite, sembra un azzardo ma è vincente. Ho scelto inoltre di produrre meno vini Doc e più Igt. Scrivendo "Venezie" o "Venezia Giulia" il riferimento alla città lagunare, universalmente nota, fa subito capire in che parte siamo nel Nord-Est d'Italia».

E le giovani generazioni?

«Sono attive, autoctone, ma globalizzate, come un Riesling che può essere renano o italico, come un Franconia "blau-blau". Lo staff aziendale, fra cui il direttore generale Edi Clementin e il figlio Michele, nel vigneto o in cantina, sa essere al passo con i tempi e in linea con le mie idee, talvolta stravaganti. Perché non c'è solo vino: c'è accoglienza, punto vendita, prodotti biologici, una fontana per dissetare i cicloturisti. E poi dalla chiesetta di Ruttars, Sant'Urbano, patrono della vendemmia, ci protegge». (s.c.)

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