Il Friuli boccia il fertility day

All’unanimità i parlamentari eletti in regione stroncano l’iniziativa del ministero. Gigli: «Genitori penalizzati dal sistema fiscale». Sonego: «È una provocazione»
Due delle immagini che rappresentano la campagna sul Fertility Day lanciato dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, Roma, 1 Settembre 2016. ANSA/ WEB
Due delle immagini che rappresentano la campagna sul Fertility Day lanciato dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, Roma, 1 Settembre 2016. ANSA/ WEB

UDINE. È una bocciatura unanime quella dei parlamentari friulani al Fertility day lanciato dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin.

Senza differenze di schieramento e ideologie, la campagna non è piaciuta a nessuno. Neppure all’onorevole Gian Luigi Gigli, cattolico e padre di cinque figli, perché «se alcuni messaggi lanciati sono veri anche da un punto di vista medico, la politica per la natalità si fa aiutando concretamente le famiglie».

Il deputato di Democrazia solidale, e presidente italiano del Movimento per la vita, mette sul piatto i problemi più evidenti: «Il nostro Paese è penalizzato dalla disoccupazione giovanile, ma anche da un sistema fiscale iniquo, e lo dico da padre di cinque figli, sono poi i problemi di accesso alla casa e la conciliazione dei tempi di lavoro e della famiglia – sottolinea –. Nutro un profondo timore che in Italia ci sia paura o una remora ideologica a investire sulla famiglia. Ma con il nostro tasso di natalità, i friulani sono una razza in via di estinzione».

Parla di un’iniziativa «infelice» l’eurodeputata Pd Isabella De Monte: «Senz’altro tutte le campagne informative sulla salute e sui controlli sono positive, in questo caso però si rischia di dare un messaggio sbagliato perché è un argomento delicato.

E non si tiene conto che le ragioni spesso sono tutt’altre. Senza arrivare al precariato, esistono famiglie che vorrebbero diventare genitori, ma non riescono a esserlo», dice De Monte. Restando in casa Pd, il capogruppo alla Camera Ettore Rosato stronca l’iniziativa, bollata come «una campagna creata male e fatta male che non serve a perseguire il proprio obiettivo».

Mentre Gianna Malisani parla di «una posizione anacronistica: le donne hanno conquistato la libertà di fare o non fare figli, non è che la donna per forza deve fare figli. Sono molto perplessa poi perché non si considerano i dati economici che sono sotto gli occhi di tutti, con una disoccupazione femminile al 47,8 per cento e la mancanza di servizi a favore della genitorialità».

La senatrice Laura Fasiolo lancia il «Responsability day» o il «Labour day». «Per diventare genitori servono consapevolezza e responsabilità – aggiunge Fasiolo –. Mi pare estemporaneo il messaggio del ministero. Diamo il supporto, gli aiuti e gli strumenti anche a chi vuole intensamente un figlio, ma non può averlo». Il senatore dem Carlo Pegorer tuona: «Fare figli è una scelta di vita, non esiste l’obbligatorietà.

La considero una campagna stucchevole soprattutto perché porta con sé una forte critica relativa alla condizione delle giovani coppie e delle donne in particolare che devono fare i conti con un futuro difficile da intravvedere».

Più cauto il senatore Pd Lodovico Sonego: «Le questioni demografiche non si risolvono proponendo il giorno della fertilità, ma credo si tratti di comprendere il significato della proposta da un punto di vista comunicativo: è una provocazione per prendere atto che l’Italia ha bisogno di una politica demografica perché la natalità degli italiani va aumentata sulla base di politiche strutturali».

La deputata di Sel, Serena Pellegrino, attacca il ministro, rea di avere proposto «un’iniziativa dal sapore “retrò” che rimandano al “ventennio”. Le donne hanno ottenuto, attraverso irrinunciabili conquiste culturali e sociali, la forza della autodeterminazione del proprio corpo. Oggi avere un figlio è sicuramente una scelta, ma sempre più spesso non averlo diventa una necessità».

Per Walter Rizzetto, approdato a Fratelli d’Italia-An, «servirebbe abbassare l’Iva sui prodotti per l'infanzia. Ma in Italia non si fanno figli perché manca il lavoro». L’azzurra Sandra Savino, invita Lorenzin a «occuparsi di dare i servizi alle madri e alle famiglie.

Il Governo deve dare sostegno alla maternità attraverso il welfare: iniziamo dagli asili e da permessi che diano la possibilità di conciliare l'opera di cura con il lavoro». Infine il capogruppo alla Camera e segretario regionale della Lega, Massimiliano Fedriga, punta il dito contro un «messaggio lanciato in modo superficiale al punto tale che può risultare dannoso: prima dei diritti degli adulti bisogna parlare dei diritti dei bimbi. Una politica per la maternità va fatta in un altro modo.

Questa mi sembra una stupidaggine mai vista prima, d’altro canto il Governo ci ha abituato a una comunicazione fatta con manifesti e spot».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto