Il Friuli “adotta” Cristicchi cantore del nostro dramma

Lo spettacolo di Gemona ha lasciato il segno, tra ricordi e commozione. E il sindaco Urbani regala all’artista romano la locandina del Messaggero Veneto

GEMONA. Il pugno nello stomaco è di quelli che durano, ben oltre la coda dello spettacolo, quando un generoso, partecipe, commosso scroscio di applausi congeda il pubblico da Simone Cristicchi e il suo Orcolat 76.

Il Duomo di Gemona si svuota, la gente accarezza ancora una volta le colonne piegate dalla violenza del terremoto, quindi riguadagna la via di casa. Consapevole una volta in più di quale immane tragedia si sia consumata nel Friuli del 1976. E al contempo di quale miracolo in queste stesse terre si è compiuto nei decenni successivi.

Da Gemona a Buja, da Osoppo a Majano, da Artegna a Tarcento e via avanti, per 136 Comuni, tanti quelli colpiti e rinati dalla violenza della terra. È una storia, quella dell’Orcolat, che i friulani conoscono bene. È loro nel senso più viscerale del termine.

Il solo entrare in Duomo, il passare accanto alle colonne violentate, il mettersi in ascolto fa sì che la magia inizi. Nel solco del teatro di parola, Cristicchi si fa cassa di risonanza. Raccoglie voci, mette insieme brandelli di storie, immagini, lettere, incontri.

Usa tutto ciò che in questi ultimi “mesi friulani” è riuscito a ripescare da 40 anni di memorie. Il nastro dei Pink Floid distorto dall’arrivo della scossa sismica dà la stura al racconto, introdotto e poi sostenuto con generosità dalla sapienza musicale dei maestri Walter Sivilotti e Cristiano dell’Oste, chiamati a dirigere la Mitteleuropa Orchestra e il coro del Fvg. Disastro, emergenza, ricostruzione. E poi ancora disastro, esodo, ripartenza.

Cristicchi procede tutto d’un fiato, corre come un funambolo lungo il filo dei ricordi altrui, li cuce stretti l’uno dopo l’altro. Il pubblico a Gemona pende dalle sue labbra. Entra con due piedi nella storia. Masticata, digerita, raccontata un milione di volte eppure sempre pelle viva. Sempre motivo di lacrime.

Difficile trattenerle dinnanzi al racconto della mamma che allatta la sua piccola sotto le macerie, strappandola alla morte che invece toccherà in sorte a lei. La gente in Duomo non fa resistenza. Si abbandona allo spettacolo che funziona come l’occasione per una una presa di coscienza collettiva. Gli sguardi si rincorrono.

A ogni nome pronunciato da Cristicchi s’intuisce sui volti degli spettatori – comprimari di questo epico racconto – lo sforzo, il tentativo di recuperare alla memoria i dettagli un episodio, il volto di una persona. Una delle centinaia che lo spettacolo evoca in due ore no stop.

Bambini fagocitati dalla terra o strappati alla morte dalle mani generose e infaticabili dei volontari, soccorritori che dinnanzi al fallimento si lasciano tentare dalla disperazione, dal dubbio, salvo poi andare avanti, amministratori che come forse nessun altro dimostrano di onorare il tricolore.

Se in questo omaggio straordinario, che giovedì sera il Comune di Gemona e la Provincia di Udine hanno voluto rendere al sisma friulano nei 40 anni del suo anniversario, una pecca si deve trovare, quella allora sta in un’assenza.

Più d’una, per la verità. Quella dell’ex sindaco di Gemona del 1976, Ivano Benvenuti, dell’assessore regionale alla ricostruzione del Friuli terremotato, Salvatore Varisco, del commissario straordinario per l’emergenza, Giuseppe Zamberletti.

Assenti per ragioni diverse ma presenti con la forze delle loro azioni. L’applauso caloroso con cui la gente promuove lo spettacolo va così anche a loro, senza i quali quest’incredibile storia – scritta nell’estremo nord-est noto, a sentire l'attore, solo per vini, grappe e Udinese – non sarebbe stata la stessa.

Senza di loro e senza l’ondata di generosità dei soccorritori, militari, volontari, alpini in congedo, «persone – per dirla con Cristicchi – arrivate in qualche caso senza nemmeno saper bene a fare cosa. Semplicemente sull’onda di un senso di comunità che sembriamo capaci di recuperare solo in situazioni estreme».

Scivola via il racconto. Tutto d’un fiato. E all’uscita, la sensazione è quella di una febbre collettiva. La gente si tuffa nell’effervescente aria della sera friulana. Spalle dritte, orgogliose, segno di una sensazione condivisa: quella di un nuovo inizio.

Cristicchi è il loro cantore. Pronto a raccontare la storia di quest’angolo d’Italia al resto del Paese, con la locandina del Messaggero Veneto regalatagli dal sindaco Paolo Urbani stretta sotto il braccio e la voglia di mostrare, specie a chi oggi vive una tragedia simile, che rinascere si può.

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