«Il fantasma di Rommel chiese informazioni per recarsi sul Matajur»

In sette giurano di aver visto o parlato con il militare «Il mio spirito non ha mai lasciato queste terre»

Avrebbe parlato pochi secondi, anche se il racconto dilaterebbe quel momento. «Sono il capitano Erwin Rommel: qual è la strada per il Matajur?». In divisa, prima di entrare in un palazzo del centro storico, mano appoggiata alla maniglia del portone, volto girato verso l’interlocutore. Ecco la “fotografia” del fantasma dell’illustre militare tedesco. Per due volte, inoltre, avrebbe aggiunto: «Il mio spirito non ha mai lasciato queste belle terre».

«Il vostro articolo – dice il presidente di Nation ghost uncover, Massimo Merendi – ha stimolato altre tre persone a inviarci una segnalazione. Due sono donne che lavorano a Pordenone e abitano in provincia, che avrebbero visto qualche tipo di presenza nella stessa area». Erwin Rommel sarebbe stato notato all’interno e all’esterno del palazzo e nella piazzetta antistante, in zona Contrada Maggiore. Almeno sette le testimonianze (alcune di dipendenti pubblici) che lo confermano: la prima del 5 settembre 2009, l’ultima è del mese scorso. «Indipendentemente dalla spiegazione, è chiaro che in quei punti qualcosa c’è». I delegati dell’associazione stanno mettendo “a verbale” i racconti di coloro che ritengono di avere interagito con l’illustre tedesco. Ma non ci sono foto che documentino, tale interazioni. «Indipendentemente che esistano o no, i fantasmi non sono fotografabili – chiarisce Massimo Merendi –. Di foto certificate di fantasmi non ce ne sono».

Il presidente di Ngu rievoca una trasmissione di Sergio Zavoli di molti anni fa. Ricostruiva la morte di Rommel. «Parlando al figlio ricordava la montagna del Matajur, era rimasto legato a quell’esperienza che gli spalancò il successo della carriera militare. Disse, in un altro momento, che finita la guerra l’avrebbe portato a vederla, quella montagna».

Ma Erwin Rommel sostò davvero a Pordenone? «Documenti non ce ne sono». L’esercito germanico, dice Pietro Angelillo, presidente del Circolo della stampa e per un ventennio direttore dell’Istituto provinciale per la storia del movimento di Liberazione e dell’Età contemporanea, «agiva con intensi bombardamenti per fiaccare il nemico e quindi improvvisamente i reparti celeri penetravano nelle linee nemiche seminando il panico e facendo massiccio uso di gas nervino». Nell’autunno 1917 il reparto di Rommel «fu il primo a entrare in provincia di Pordenone attraverso forcella Clautana, in Alta Valcellina; poi arrivarono i reparti austro-ungarici».

Dopo lo sfondamento a Plezzo e Tolmino, il battaglione da montagna tedesco del Wurttemberg nelle cui fila militava Rommel, ricevette l’incarico di raggiungere il prima possibile Longarone, per tagliare la strada alle truppe del Cadore che si stavano ritirando verso il Grappa.

Passato l’Isonzo il 24 ottobre 1917, dopo tre giorni di battaglia e la conquista del Matajur, il Wurttembergisches Gebirgs Bataillon entrava a Cividale il 27. In quei giorni Rommel, chiamato al Comando tedesco di Udine, ricevette l’ordine di passare all’avanguardia della Jager Division e di puntare su Longarone.

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