Il direttore guadagna più del sindaco, ma la Spa non si elimina

Prende 90 mila euro l’anno e i tagli delle partecipate restano sulla carta Il Pd: se liquidiamo Udine mercati provochiamo un danno alla città
Di Giacomina Pellizzari
Udine 14 dicembre 2013 udine mercati Copyright Petrussi Foto TURCO
Udine 14 dicembre 2013 udine mercati Copyright Petrussi Foto TURCO

A palazzo D’Aronco i tanto sbandierati tagli delle società partecipate restano sulla carta. Il giorno dopo la marcia indietro fatta dal sindaco Furio Honsell, il caso di Udine mercati continua a far discutere dentro e fuori il municipio. Al centrodestra che bolla lo stop alla liquidazione della Spa come una scelta politica voluta dal Partito democratico per salvare il vertice della Spa, replica il capogruppo del Pd, Pierenrico Scalettaris: «In questo momento sostituire il gestore del mercato ortofrutticolo significherebbe creare un danno alla città».

Anche Scalettaris però condivide che lo stipendio annuo del direttore, Andrea Sabot, pari a 90 mila 478 euro lordi non è giustificabile. Sabot guadagna più del sindaco che si ferma a 75 mila 780 euro. Senza contare che il direttore gestisce la struttura assieme a due impiegate, una con contratto partime, e che la Spa registra utili irrisori. A quanto pare il Comune ha un piano B che, nell’arco di un anno, oltre al taglio del Cda e del Collegio sindacale dovrebbe portare a significativi risparmi. Non è dato sapere però se metterà in discussione anche lo stipendio del direttore.

Una cosa è certa: «A fine 2014 la società aveva un numero di dipendenti (3) inferiore ai componenti del suo Cda» scrive il direttore del dipartimento Politiche finanziarie, Rodolfo Londoro, nella sua relazione evidenziando che «la società ha chiuso gran parte degli esercizi passati in leggero utile che si ritiene comunque esiguo rispetto al capitale investito e al volume d’affari, pur tenendo conto del pagamento di un canone annuo al Comune di circa 135 mila euro». Canone che nel progetto del dirigente di palazzo D’Aronco incentrato sull’esternalizzazione del servizio(condiviso anche dal segretario generale, Carmine Cipriano e dalla responsabile del Servizio finanziario, Marina Del Giudice), avrebbe dovuto aumentare di 200 mila euro anno. «La società - recita ancora la relazione - non è mai riuscita a espandersi (a eccezione delle nove piattaforme costruite dal Comune) e ora risente della crisi economica in atto. I costi fissi di struttura incidono pesantemente sul risultato economico della gestione». Di fronte a questa analisi la dismissione sembrava inevitabile invece, lunedì mattina, è arrivata la scappatoia: «La legge Bertossi considera la gestione del mercato un servizio pubblico».

«I pareri dei dirigenti sono molto elaborati e utili a orientarci in una galassia complicata come quella delle norme amministrative che continuano ad accavallarsi, ma le scelte strategiche sono e devono essere politiche» aggiunge Scalettaris ricordando a Ioan che non non si può «appaltare ai funzionari scelte squisitamente politiche. Sarebbe paradossale - insiste il Pd - che gli amministratori fossero vincolati ai pareri tecnici nelle scelte sulle partecipate. Lo scandalo arriva dal passato, qualcuno l’ha permesso».

Intanto anche il presidente di Friuli Innovazione, Guido Nassimbeni, ci tiene a chiarire il parere preoccupato espresso dai dirigenti comunali sui risultati negativi raggiunti negli ultimi due anni. «Gli esercizi 2012 e 2013 hanno chiuso, rispettivamente, con una perdita di 22 e 10 mila euro, ma i ricavi ammontano a 2 milioni e il patrimonio netto raggiunge i 4,7 milioni» precisa il professore ricordando che «l’incertezza di Friuli innovazione è uguale a quella che tutte le imprese sane e capaci hanno nell’affrontare il mercato».

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