Il Cristo sanguinante divide Chiesa e fedeli

Il Cristo sanguinante divide i fedeli tra scettici e credenti. La Chiesa sta nel mezzo e, attraverso il delegato del vescovo ai rapporti con la stampa, don Bruno Cescon, mette in guardia: «Non si faciliti la creduloneria, i lumini metteteli davanti al Santissimo, in chiesa».
PORDENONE.
Il Cristo sanguinante divide i fedeli tra scettici e credenti. La Chiesa sta nel mezzo e, attraverso il delegato dal vescovo ai rapporti con la stampa, don Bruno Cescon, mette in guardia: «Non si faciliti la creduloneria, i lumini metteteli davanti al Santissimo, in chiesa». Il presunto sanguinamento di una statua lignea del Settecento, nella chiesa di San Matteo a Torricella di San Vito al Tagliamento, e una presunta guarigione di una donna, continuano a fare discutere, più che ad alimentare la fede, se questo voleva essere il “messaggio divino”.


La chiesa privata della casa famiglia Sant’Anna resta chiusa, si sta cercando un sito per mettere al sicuro il Crocifisso, in attesa degli esami che saranno disposti (e che dovranno, essendo di proprietà privata, essere formalmente autorizzati dai proprietari) dalla commissione che il vescovo, monsignor Ovidio Poletto, incaricherà nei prossimi giorni.


I dati di fatto sono due: il Crocifisso ligneo – acquistato poco tempo fa per cominciare ad arredare la chiesetta, prima spoglia – presenta macchie in cinque punti (gli accertamenti stabiliranno se si tratta di sangue o meno) dal 20 agosto; come dimostrano le foto, prima di quella data non c’erano. Il giorno in cui si è verificata la comparsa della sostanza rossa, una donna – che opera all’interno della casa famiglia – ha scoperto di non avere più una patologia che in precedenza le era stata diagnosticata.


Da quando si è diffusa la notizia, la casa famiglia ha disposto la chiusura della chiesa impedendone l’accesso a tutti (ad esclusione della delegazione inviata dal vescovo mercoledì che ha anche fotografato la statua), comunicando i fatti al parroco di Prodolone, don Guido Corelli. Il quale ha consigliato il silenzio sulla vicenda. Forse lo stesso sacerdote non ha dato importanza al fatto, avvertendo in un secondo momento il vescovo.


Nel frattempo i fedeli si sono divisi tra scettici e “credenti”. Anche ieri in redazione sono giunte diverse telefonate: perché la Chiesa non si pronuncia? Lo spiega don Bruno Cescon: «Prima bisogna effettuare gli accertamenti, altrimenti si rischia di facilitare la creduloneria». Perché non si mostra ai fedeli il Crocifisso? «Per non rischiare di scambiare l’impressione personale con un miracolo». E le macchie? «Nessuno al momento può accertare se si tratta di sangue o vernice. Bisognerà analizzarle».


Al di là di questo, don Bruno Cescon rivolge un invito a chi grida al “miracolo”, a chi porta lumini e fiori davanti al cancello della casa famiglia: «Quei lumini li porti davanti al Santissimo, vada in chiesa a pregare. Una delle tentazioni cristiane è la superstizione. Non possiamo scambiare per dogma, senza esprimere alcun giudizio sulle persone e in linea generale al di là del fatto specifico a tutti coloro che dicono di avere visto qualcosa».


La guarigione? «Non c’è alcuna certificazione medica. Viene definita “inspiegabile” una guarigione che non avviene secondo le leggi di natura, che si manifesta quando sarebbe impossibile si verificasse secondo la scienza medica».


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