Il bandito: «Ho sparato perchè temevo di essere linciato»

UDINE. «Ho sparato verso il basso, per evitare di essere circondato. Temevo il linciaggio della gente e ho agito a scopo intimidatorio e non certo per uccidere».
Massimo Cangiano, il rapinatore napoletano di 55 anni che sabato mattina, 20 luglio, ha esploso due colpi di pistola in pieno centro, durante la fuga dalla gioielleria Ronzoni di via Mercatovecchio, si è giustificato così, nell’udienza di convalida, in carcere, davanti al gip Daniele Faleschini Barnaba.
Aveva paura e, per farsi strada in mezzo alle urla dei passanti, incalzato com’era da Andrea Gremese, uno dei due titolari del negozio dal quale insieme al compaesano 33enne Nevio Cavallo era scappato con tre Rolex, si è voltato e ha premuto il grilletto della Remington calibro 45 che teneva in pugno.
Lo ha fatto due volte, anche su sollecitazione del complice che, afferrato alla maglietta da un finanziere fuori servizio, lo aveva incitato a sparare.
Per il pm Annunziata Puglia, uno dei colpi è stato esploso ad altezza uomo e questo basta a ipotizzare anche il tentato omicidio, in aggiunta al porto d’arma clandestina (la matricola è abrasa) e, in concorso con gli altri due presunti componenti della banda, alla rapina aggravata.
«Cangiano ha ammesso le proprie responsabilità, ma ha precisato di avere sparato per sottrarsi al linciaggio della gente», ha riferito l’avvocato Gandolfo Geraci, arrivato da Napoli per difenderlo insieme alla collega Sara Peresson, di Udine, che con l’avvocato Raffaele De Cicco assiste anche Cavallo.
Durate pochi minuti l’una, le rispettive udienze si sono concluse con la richiesta di non applicazione della custodia cautelare in carcere sollecitata per tutti dalla Procura e, in subordine, dell’attenuazione della misura con quella meno afflittiva dei domiciliari. La decisione si conoscerà mercoledì 24. —
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