I negozi chiudono, i cinesi li comprano

Occupano spazi lasciati liberi da imprenditori locali che non hanno resistito alla crisi. Nuova apertura a Sant’Anna
Di Vincenzo Compagnone
Bumbaca Gorizia 03.12.2013 Nuovo negozio cinese - Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 03.12.2013 Nuovo negozio cinese - Fotografia di Pierluigi Bumbaca

Mentre la strage dei cinesi senza nome avvenuta nel rogo di un capannone di Prato ha gettato squarci di luce drammatici sull’imprenditoria con gli occhi a mandorla in Italia, la realtà goriziana di un fenomeno che si sta allargando a macchia d’olio in tutto il Paese sembra essere immune da risvolti inquietanti. Anzi: tutto fila liscio e la Chinatown in riva all’Isonzo si espande sempre più, occupando spazi lasciati liberi da imprenditori e commercianti locali che non hanno resistito alla crisi.

Il boom del commercio Proprio la scorsa settimana, infatti, ha aperto i battenti a Sant’Anna un nuovo, enorme megastore che ha inglobato i locali abbandonati del “polo” di cui facevano parte il supermercato Dpiù, il Frutteto e il Centro carni. Tutte attività che avevano fatto registrare un crollo della clientela e delle vendite a causa della nuova viabilità che, con la bretella che congiunge via Terz’Armata e via Trieste, ha reso tortuoso il percorso per accedere all’area posta al termine della via Garzarolli. A ridare vita alla zona ci prova Abc Mercatutto, il bazar cinese in cui è possibile trovare un po’ di tutto (tranne i generi alimentari), dalle 8.30 alle 20 di tutti i giorni, domeniche comprese: dall’abbigliamento ai casalinghi, dagli articoli da regalo alla ferramenta e ai giocattoli, dai prodotti per l’igiene alla bigiotteria e alle borse. Curiosità: c’è persino un angolo dedicato alla vendita di parrucche. L’Abc–Mercatutto ha seguito l’apertura di un altro discount cinese nelle vicinanze, l’H&S, che, in via Trieste, ha preso il posto dell’Eurospin, trasferitosi nella stessa via nell’area del McDonald’s.

I dati statistici Secondo quanto ci ha riferito l’Ufficio preposto del Comune, sono oggi 191 (di cui 101 maschi e 90 femmine) i cinesi regolarmente residenti in città. Gli imprenditori con gli occhi a mandorla, invece, stando ai dati della Camera di commercio (che però risalgono a maggio e andrebbero sicuramente ritoccati all’insù) risultano essere 34, con una crescita del 6 per cento rispetto al 2012. In particolare, sempre 6 mesi fa, ben 19 erano impegnati nel commercio al dettaglio, dove rientrano le attività simili a quelle descritte. A seguire, dopo l’addio ai ristoranti con le lanterne rosse (i primi a nascere, i primi a sparire) resistono le attività di ristorazione: i takeaway, cioè la gastronomia d’asporto come in piazza De Amicis o via Boccaccio, e i bar, dei quali uno degli ultimi ad essere rilevato dai cinesi è stato lo storico locale all’angolo fra via di Manzano e via Donizetti (ex Tre Scalini e, come ultima insegna tuttora presente, Da Teo): otto in tutto. Ci sono poi due attività nel comparto dello sport e dell’intrattenimento – sale giochi – e altrettante in quello dei servizi alla persona.

Gli ultimi arrivi La presenza cinese è spuntata, ultimamente, in settori penalizzati a Gorizia dal ricambio generazionale. Ne sono un esempio il barbiere-parrucchiere e la sartoria, aperta praticamente non stop, in piazza Vittoria. Il segreto è sempre lo stesso: prezzi low cost e quindi estremamente appetibili da parte dai goriziani che sembrano apprezzare il servizio.

Il business dei massaggi Pare essere questa la nuova frontiera degli imprenditori. Centri massaggi, più o meno “sexy”, sono sorti a Lucinico, in via Trieste, in via Carducci e in corso Italia, di fronte a Villa San Giusto, dove si pratica la tecnica rilassante del Tui Na.

Ma chi sono? Di età media piuttosto giovane, gli imprenditori cinesi provengono per lo più dalla regione dello Zhejiang. Abitano in case prese in affitto e sono molto puntuali nel pagare il canone di locazione. Si insediano per lo più in periferia. Negli ultimi anni alcune coppie hanno messo al mondo a Gorizia i loro figli, ma sono ancora molti i genitori che lasciano i bambini in Cina, dai nonni, e li fanno vivere con le cifre che spediscono a casa.

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