I lettori alla scoperta del mondo alpino
La visita al museo della Julia e l’esibizione a sorpresa della fanfara

Udine 04 novembre 2017 Manifestazioni del 4 Novembre, Visita alla Caserma Di Prampero del gruppo NOI MV del Messaggero Veneto. Copyright Foto Petrussi / Ferraro Simone
UDINE. «Cambiano gli uomini, ma non cambiano i valori». È questo uno dei motti degli alpini, impegnati ad aiutare chi ha più bisogno, ieri in battaglia, oggi nelle emergenze. E proprio in occasione delle celebrazioni per il 4 novembre, giornata dell’Unità nazionale e festa delle Forze armate, i nostri lettori hanno potuto ripercorrere la storia delle penne nere. Con una gradita sorpresa: l’esibizione della fanfara della Brigata alpina Julia e il cd omaggio con i brani registrati in concerto (ora in vendita con il giornale in edicola).
Accolti dal colonnello Andrea Piovera nel salone d’onore della caserma Di Prampero, in pieno centro a Udine, cinquanta membri iscritti a Noi Messaggero Veneto hanno fatto un salto indietro nella storia e poi, passo dopo passo, hanno rivissuto le grandi gesta d’arme degli alpini, il tutto raccontato in un suggestivo filmato che ha raccolto, in una decina di minuti, decenni di solidarietà, passione e impegno per il territorio. Insomma, sono bastate poche immagini per affascinare i nostri lettori che, al termine della proiezione, sono stati condotti fuori nell’ex chiostro del monastero di Sant’Agostino. Come detto, qui la vera sorpresa per tutti: ad accoglierli la fanfara della Brigata Julia che, esclusivamente per loro, ha suonato i brani cari ai militari. «Questo è un regalo bellissimo - ha dichiarato commosso Giovanni che ricorda ancora l’anno della leva a Gemona -. Essere qui è un’emozione, un salto indietro a quel periodo durante il quale non solo ho imparato molto ma ho capito come va il mondo». Un sentimento di profonda commozione condiviso da tutti gli altri: certo, il momento è stato immortalato da decine di foto e da video ma probabilmente la memoria multimediale non basterà a riportare le emozioni espresse sui visi di molti lettori. A provare a spiegarle è stato il tenente colonnello Vittorio Mancini, guida del museo dei cimeli della Julia: «I lettori del Messaggero Veneto sono la voce del Friuli e noi alpini condividiamo con voi l’amore per il territorio». Mancini ha raccontato la storia del chiostro della caserma, un luogo nato come scrigno religioso nel 1400 per volere della beata Elena Valentinis, poi trasformatosi con l’arrivo di Napoleone in Italia. Arriverà più tardi l’intitolazione a Giovanni Di Prampero che combattè con la Serenissima per contrastare l’avanzata di Massimiliano d’Asburgo il quale, dopo aver conquistato la contea di Gorizia e di Cormons, tentò di annettere anche la zona di Cividale. «E proprio per impedire questo, Di Prampero, sulla piana di Remanzacco, combattè e morì valorosamente in battaglia», ha ricordato Mancini. Così il conte Giovanni è diventato, con le sue gesta valorose, l’emblema della figura militare di carriera morto per evitare che il dominio della Chiesa schiacciasse i valori laici della libertà. Un racconto reso ancora più suggestivo dal colonnato che dal 1936 abbraccia architettonicamente il monumento centrale dedicato ai caduti dell’ottavo reggimento.
Dopo questi accenni storici alla caserma, i lettori sono entrati nel cuore della memoria, ripercorrendo nelle quattro sale del museo la storia della Julia. Una storia cominciata nel 1872, anno di costituzione del Corpo degli alpini, che si sviluppa attraverso il racconto delle prime campagne coloniali e della Prima guerra mondiale e si conclude con l’esposizione degli equipaggiamenti e degli strumenti più moderni in dotazione alle penne nere del 2000. La prima sala è gran parte dedicata alla Grande Guerra: qui sono esposte le uniformi storiche e gli equipaggiamenti utilizzati in trincea. Non solo: il sacrario custodisce le spoglie dei caduti durante la prima guerra mondiale e di tutti coloro che hanno prestato servizio prima e dopo la costituzione della divisione Julia, diventata poi nel 1949 Brigata (con una particolare attenzione al ricordo degli alpini morti in Afghanistan). E tra i cimeli più importanti, nel museo c’è anche il paracadute “modello Chaltrop 1915” del primo paracadutista alpino, Pierarrigo Barnaba. E se la seconda sala è interamente dedicata ai comandanti, nella terza i lettori hanno potuto vedere i libretti, le armi e le testimonianze della campagna d’Africa del 1935-1936, della campagna di Russia e delle missioni in Grecia e Albania. Un cammino nella Storia con la s maiuscola che li ha ricondotti ai giorni nostri con le missioni in Afghanistan, Albania, Bosnia e Kosovo. Infine qui campeggiano le foto del terremoto del ’76 quando gli alpini, insieme ai friulani, hanno spostato le macerie e spazzato via la distruzione provata dal sisma. Ancora una volta lì dove la morte aveva spezzato la vita, gli alpini si sono presi cura del proprio territorio.
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