Hemingway, la leggenda di una casa nella pineta

LIGNANO. 2014: sono sessant’anni dal Nobel assegnato a Ernest Hemingway e dalla sua breve visita a Lignano. E sono trent’anni dall’inaugurazione del parco e dall’istituzione del premio a lui intitolati. Insomma i numeri e le ricorrenze ci portano a ricordare quel momento, breve ma molto significativo, che portò il grande scrittore americano in Friuli. Non molti sanno che, come ci racconta Fernanda Pivano, nel 1954 la vita di Hemingway mutò radicalmente. Iniziò quella decadenza psicofisica che portò alla prematura morte nel 1961. Lignano, e naturalmente Venezia, furono un primo tentativo per evitare le conseguenze più gravi della discesa agli inferi che lo scrittore vedeva davanti agli occhi.
Ma cosa successe? Il 22 gennaio 1954 Hemingway era impegnato in un safari africano e, durante una gita in aereo intesa come un regalo di Natale per la moglie Mary, il velivolo pilotato da Roy Marsh, dopo tre giri a bassa quota (nella traduzione della biografia di Carlos Baker, chiamano questi giri vengono definiti orbite), si trova davanti a uno stormo di ibis: per evitarlo il pilota colpisce un filo del telegrafo, causando un incidente in cui Hemingway si slogò la spalla destra e Mary si fratturò due costole. Si accamparono a fianco di un fiume in attesa di soccorsi. Una lancia che passava per caso li salvò, per condurli all’aeroporto di Butiaba, dove li aspettava un aereo che alla partenza sbalzò diverse volte prima di sbattere a terra e incendiarsi. Il pilota sfondò un finestrino per fare uscire Mary (chiamata da Hemingway, Rubens portatile); Ernest, che non passava dal finestrino, forzò il portellone a testate. Scampati all’incendio fecero un centinaio di chilometri per arrivare a Masindi sulla macchina di un poliziotto che si offrì di accompagnarli. Il viaggio più lungo della sua vita. disse Hemingway, perché fatto senza un goccio di gin. E non finì qui: alcuni giorni dopo, mentre era ospite dell’accampamento a Shimoni, si sviluppò un incendio e, nonostante fosse in pessime condizioni, Hemingway cercò di aiutare a spegnerlo. Inciampò e cadde fra le fiamme, quando lo tirarono fuori aveva ustioni di secondo grado su tutto il corpo.
In tutte queste disavventure Hemingway rischiò la vita, e si trovò con due dischi della colonna vertebrale fratturati, il fegato e un rene stritolati, braccio e spalla destra lussati, cranio squarciato, perdita della vista e dell’udito sul lato sinistro.
Fu in queste disastrose condizioni fisiche e psicologiche che prese la nave che lo avrebbe portato a Venezia per leccarsi le ferite. Si fermò al Gritti, dove vennero tanti di amici a salutarlo, tutti notarono la sua depressione, anche se mascherata, soprattutto quando imbruniva. Hemingway accettò poi l’ospitalità dei Kechler, nella villa di San Martino di Codroipo, e alla fine del soggiorno ripartì per Venezia, ma lungo la strada deviò per visitare la nascente Lignano Pineta. La deviazione, il 15 aprile 1954, durò un paio d’ore, il tempo di conoscere l’architetto Marcello D’Olivo e firmare una spirale della città, da lui disegnata, come promessa di un terreno che poi non venne mai rivendicato. La leggenda vuole che quando gli chiesero dove volesse la sua casa, Hemingway indicò il luogo dove ora c’è il parco Hemingway. E tutto fa pensare che sia proprio una leggenda. Come forse è leggendaria o forse no, la celebre frase che disse andandosene, e cioè: questa è la Florida d’Italia. Se l’ha veramente detta è una frase che forse andrebbe interpretata: l’Hemingway sulla soglia della vecchiaia rivede in Lignano i luoghi della sua giovinezza, quella Florida dove visse per tanti anni con la seconda moglie. La breve visita quindi si tinge di un senso ulteriore, intimo. Uno scrittore vede nel suo declino una città che nasce, e con uno scatto ristoratore gli balena nella mente un’immagine di giovinezza, come se ci fosse in quelle poche ore una cura ai suoi mali, una cura prima psichica che fisica, quasi una boccata d’aria mentre si sta soffocando.
Il premio Hemingway, tributo al grande scrittore, in programma a Lignano dal 26 al 28 giugno, cercherà, attraverso le figure dei premiati, Alice Albinia, Zygmunt Bauman, Guido Guidi e Abrahan Yehoshua, di rendere un omaggio alla figura grande e travagliata di Hemingway.
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