Guida l'auto e ogni giorno trascorre almeno dieci minuti sulla cyclette, Giuseppe festeggia 100 anni

UDINE. Alle spalle ha circa 4 milioni di chilometri percorsi sulle strade di mezza Europa, una prigionia in Germania durante la seconda guerra mondiale e una curiosità innata verso ciò che lo circonda. Giuseppe Libralato venerdì 22 gennaio compie 100 anni, e li festeggerà con i famigliari più stretti nella sua casa di Udine senza alcuna voglia di fermarsi visto che guida ancora.
«È brillante, in forma smagliante ed è sempre vestito di tutto punto. Segue con passione lo sport, la politica, l’attualità, che legge e commenta giornalmente, senza farsi sfuggire mai nulla». Così lo descrive la nipote Ofelia Libralato, che come regalo per il secolo di vita ha voluto raccontare la storia del nonno.
Nato a Vedelago, nel Trevigiano, il 22 gennaio 1921, Giuseppe è il sesto di nove figli. Cresce a Mortegliano, dove la famiglia si trasferisce poco dopo. Nel 1941 l’Italia è ancora un Regno e si trova coinvolta nel secondo conflitto mondiale. Così, il 22 gennaio, a vent’anni (data non casuale, essendo il giorno del suo compleanno), Bepi riceve la cartolina e si arruola nel Genio alla caserma Spaccamela, dove inizia l’addestramento e diventa autista di mezzi pesanti.
Dopo l’occupazione da parte dei tedeschi della Jugoslavia, viene inviato nei pressi di Fiume, da dove si sposta lungo la costa, spingendosi fino a Zara, Spalato e Ragusa. Con l’armistizio dell’8 settembre 1943, quelli che fino a quel momento sono suoi alleati, i tedeschi, diventano i nemici più acerrimi. Libralato è fatto prigioniero e mandato in Germania, nello stabilimento di una succursale della Volkswagen, vicino a Braunschweig-Fallersleben. Qui trascorre due anni, entrando per la prima volta a contatto con i prigionieri ebrei, segregati nei reparti della fabbrica.
C’è un episodio che Bepi menziona spesso alla nipote: «Il guardiano della centrale sfamava le galline con gli scarti di cibo della cucina. Un giorno, l’abbiamo seguito e abbiamo rubato le bucce delle patate, sottraendole al pollame. Ci ha visto e per punizione ci siamo presi 36 vergate sulla schiena».
Liberati dagli Americani, dopo mesi di patimenti, i prigionieri riescono infine a lasciare il campo e a rientrare a casa. Nel giugno del 1945, Bepi, 39 kg di peso, fa ritorno a Mortegliano. Nel dopoguerra, sfruttando la patente di guida ottenuta da militare, diventa dipendente della Bertoli, dove lavora come autista per 38 anni, trasportando ferro in tutta Italia. Trafilati e laminati utilizzati per le grandi opere infrastrutturali del boom economico: autostrade, ponti, la diga del Vajont.
Nel 1950 si sposa con Rina, con cui ha due figli, Miria, mancata nel 2008, e Valerio. Un matrimonio che lo porterà a celebrare le nozze di diamante, dopo 69 anni d’amore. Rina lo lascia a fine 2019 e Bepi continua a vivere autonomamente, assistito da Anna (la collaboratrice di famiglia) e sempre supportato dal figlio, dai quattro nipoti e dalle due nipotine, che lo hanno reso bisnonno.
Oggi abita a Udine, e si gode la pensione maturata nel 1978: «Conduce una vita particolarmente attiva – racconta ancora la nipote Ofelia – fa ginnastica ogni mattina, nel pomeriggio passeggia nel circondario e ogni giorno trascorre almeno dieci minuti sulla cyclette. Grande tifoso dell’Udinese, segue con forte entusiasmo lo sport e la politica italiana, interessandosi anche di questioni internazionali, incluse le elezioni americane e l’andamento della pandemia nel mondo. Ed è un assiduo lettore del Messaggero Veneto». Ultima annotazione: a 100 anni Giuseppe guida ancora l’auto e dispensa osservazioni a chiunque incontri sul suo cammino!
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