Gli operatori impegnati in prima linea per combattere il Covid: «Eravamo gli angeli ora siamo gli untori»

UDINE. I segnali che qualcosa del genere potesse capitare erano nell’aria. Per questo i sindacati delle professioni mediche non sono rimasti più di tanto sorpresi dalla coda di ambulanze all’esterno del pronto soccorso. «Un po’ tutte le strutture d’emergenza in regione sono nella stessa condizione – ammette Andrea Traunero della Fp Cgil –. Purtroppo quando l’emergenza lo consentiva, non sono stati apportati quei correttivi capaci di evitare l’insorgere di criticità. Ora è facile puntare il dito, ma purtroppo constatiamo che la direzione sanitaria non è riuscita a intervenire prima che la seconda fase colpisse duro anche in questa città».

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«Purtroppo – aggiunge – in questo momento chi rischia di più sono gli operatori del Pronto soccorso, che operano in un ambiente problematico senza poter fornire un servizio ottimale. Mi chiedo dov’è il piano pandemico dell’Azienda sanitaria?».


Per il rappresentante della Fp Cgil, «il pronto soccorso di Udine non è attrezzato al meglio per far fronte all’emergenza Covid: nei momenti di tranquillità non si è intervenuti a dovere. Soluzioni nel breve termine, a queste punto – conclude – non ne vedo».



Più duro il segretario provinciale degli infermieri Afrim Casli, che chiede l’azzeramento dei vertici di AsuFc: «Sono 300 gli infermieri affetti dal Covid-19 e sono mesi che il Nursind denuncia la situazione in tutti i modi possibili, ma nulla è cambiato. Chiederemo ufficialmente le dimissioni immediate di tutta la direzione generale e la direzione sanitaria per mala gestione e incompetenza, perché questa emergenza sanitaria da coronavirus è solo la punta dell’iceberg. L’azienda sta andando alla catastrofe. Nei prossimi giorni – evidenzia – valuteremo se ci sono i presupposti per un esposto in Procura. Il personale è deluso e presto avrà ripercussioni psicofisiche».



Critico anche Stefano Bressan della Uil Fpl: «Inutile negarlo, non ci si è preparati al meglio alla seconda ondata del virus – afferma con un pizzico di amarezza –. Ci troviamo di fronte a un affollamento dell’area Covid in pronto soccorso e a una carenza di personale. E questo, in parte, è causa di una mancanza di assistenza a livello territoriale. C’è poi tutta una serie di procedure che rallentano le operazioni e che fanno perdere tempo a Oss e infermieri, per esempio nel momento in cui il trasporto dei pazienti è affidato ai mezzi della Croce Rossa Italiana».

Tutte problematiche che, se sommate tra loro, portano alla situazione vista all’esterno (e all’interno) del pronto soccorso di Udine lunedì sera. «Questa azienda – conclude Bressan – si è dimostrata incapace dal punto di vista dell’organizzazione, e ora si tenta di addossare la colpa dei contagi nelle strutture agli operatori sanitari, che da angeli ed eroi stanno diventando untori. Siamo alla frutta»

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