Gli alpini a Udine: un tributo alla pace e all'Unità d'Italia - L'editoriale

Su Udine gravava una sensazione di straniamento per non essere riusciti a convocare l’adunata in occasione dei quarant’anni dal terremoto. Un lavorio tattico silenzioso, quello cui sono abituati gli alpini in guerra e in pace, si è infine concluso con il grande annuncio.
Rivedere sfilare le penne nere per il centro di Udine è certamente un grande onore. Ma tutto è cambiato rispetto all’evento analogo di cui la città mena ancor oggi vanto, nel 1996. L’appello a non esser così draconiani nell’abolizione della naja è ormai un suono affievolito che si riamplifica e si accende a ogni chiusura dell’appuntamento annuale per ripiombare nel buio dei giorni a venire.
E più si invoca, per bocca dei politici, un ritorno almeno ridotto a una forma di servizio militare obbligatorio, più è certo che non se ne farà nulla. Non è il sentimento del Paese, non è la volontà del popolo. Potrebbe persino essere giusto così, almeno si abbia il coraggio di dirlo. L’adunata di Udine è, con queste premesse, ancor più chiamata a guardare avanti, a porsi domande sull’Unità del Paese, che da sempre gli alpini invocano e rappresentano. Deve riaffermare con forza il ruolo della Protezione civile, cui gli alpini concorrono, anche come alternativa alla leva, e interpretare pubblicamente quei sentimenti di pace e di coesione sociale che sono radicati nel loro agire.
Ci si commuove, si piange, si ride e ci si ubriaca non soltanto perché si celebra l’epopea gloriosa della propria giovinezza. L’adunata incarna le pulsioni migliori degli italiani, perfino di quelli che non sono ancora riusciti a esserlo.
Infine, il Friuli. Il Friuli capitale del Comando di Cadorna, terra bagnata dal sangue di Caporetto, confine armato contro una temuta invasione del blocco comunista, landa guardinga per essere perennemente invasa, conquistata e liberata, in una parola: per essere «confine».
Il Friuli-confine ospita l’adunata col candore di quanti vedono disfarsi lentamente e subdolamente parte di ciò che altri hanno ottenuto con dolore, cioè lo scioglimento della cortina, l’abolizione delle dogane, la neutralizzazione delle barriere a Est. Gli alpini a Udine saranno i testimoni viventi, marcianti, chiassosi eppur serissimi, di quell’Europa costruita sui milioni di soldati, profughi, deportati che da questo pezzo d’Italia e di mondo sono passati prima di esalare l'ultimo respiro
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