Giro d’Europa in Lambretta: un record che resiste dal ’54

PORDENONE. Sono passati oltre sessant’anni da quando ha compiuto il giro d’Europa in Lambretta, percorrendo in soli 21 giorni oltre 11 mila chilometri. Eppure la sua impresa rimane a oggi ineguagliata: Giovanni Follador, sanvitese di nascita, detiene dal ’54 il record mondiale (inserito nel Guinness dei primati) per la quantità di strada “macinata” in così breve tempo.
Ha viaggiato notte e giorno, con ogni condizione atmosferica e percorrendo strade ben diverse da quelle cui siamo abituati oggi. Nonostante le difficoltà, il ventenne Follador è riuscito a vincere la sfida, dimostrando una tempra non comune. Spirito che sembra non aver perso, nonostante le sue ottanta primavere.
In Portogallo ha incontrato re Umberto in esilio. Com’è andata?
«Gli ho portato del croccante, regalo di mia madre. Sono entrato subito nelle grazie delle sue tre figlie “Titti”, Gabriella e Maria Pia quando hanno scoperto che portavo con me una racchetta da tennis, sport che mi aveva già dato delle soddisfazioni. Ho giocato con loro, il re come unico spettatore. Passata la notte in casa Savoia, sono ripartito il giorno seguente. Da allora, il rapporto con la famiglia reale è rimasto: con le principesse sono ancora in contatto».
Si è sobbarcato 500 chilometri al giorno. Una prova da “superuomo”...
«Passavo quotidianamente fino a 15 ore alla guida. Per ottimizzare i tempi riposavo su un materasso a fisarmonica che viaggiava con me, ripiegato nel cassone che avevo fatto installare davanti alla Lambretta per portare con me il necessario, oltre al motore di riserva. A Kandel, in Germania, volevo tornare a casa per colpa dei forti crampi alla spina dorsale. Mia madre aveva messo nel cassone delle fasce: mi bendavo stretto il busto per non sentire il dolore».
Avrà incontrato molte persone durante il viaggio: come reagivano nel vederla?
«Spesso sapevano già del mio arrivo, per sentito dire. In Spagna, nazione povera e con le strade non asfaltate, sono stati molto ospitali: mi davano da mangiare dicendomi “Italiano? Mucho coraje” per via del contributo dei nostri connazionali nella guerra civile. Diversa l’accoglienza in Francia, dove mi hanno sputato sulla Lambretta e rotto il parabrezza».
Pioggia, freddo e strade sconnesse: si è mai sentito in pericolo?
«Non direi. Più che altro sono rimasto impressionato dalla Germania che portava ancora i segni della guerra. I russi mi hanno cacciato alle porte di Berlino, ma ho avuto subito la mia rivincita. Avevo nello zaino della crema Marsala: l’ho barattata per 30 litri di benzina con un sergente, spacciandola per raffinato liquore italiano».
Ha tentato altre imprese?
«Avevo in mente il giro del mondo, progetto sostenuto dal Corriere della sera e dalla Innocenti: mi sarei spinto in oriente fino in Birmania, passando poi per lo stretto Bering, il Canada e New York. Mi è rimasto sullo stomaco, ma obiettivamente sarebbe stato un azzardo».
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