Giovane imprenditore-avvocato riapre il caseificio che fallì nel 2014

COSEANO. Ci vuole una sana dose di coraggio per decidere oggi d’investire nel comparto lattiero-caseario, schiacciato da un prezzo del latte in picchiata, da marginalità ridotte all’osso e dalla una grande distribuzione che detta legge. Giorgio Rodaro quel coraggio l’ha avuto.
Trentuno anni e una laurea in giurisprudenza in tasca, alla carriera da avvocato ha preferito la passione coltivata fin da giovanissimo, quando nella pausa estiva guadagnava la malga di Sauris per fare il casaro.
Il tempo è passato, dai banchi di scuola è transitato e uscito dalle aule universitarie, ma quell’inclinazione al fare, ad “affondare” le mani nel latte per trasformarlo in formaggio non è passata. Tanto che Rodaro ha deciso di assecondarla una volta per tutte, scendendo a “valle” - dalla sua Avasinis - per farsi imprenditore. Fortuna del Caseficio Valcorno, piccola realtà di trasformazione nel cuore di Coseano chiusa ormai da qualche anno.
Rodaro, dopo anni di lavoro alla latteria di Nogaredo di Prato, l’ha rilevata dal fallimento, ha riportato la strumentazione in stato ottimale, effettuato tutti gli investimenti necessari a riavviare il caseificio dopo anni d’inattività e ora è pronto a partire. «Ho preso contatti con i dettaglianti della zona e anche con la Gdo per cui conto di lavorare. Produrrò formaggi a latte crudo, mozzarelle, ricotte», racconta con un pizzico di orgoglio ed emozione. Sentimenti condivisi dalla gente che abita nei dintorni e sta aspettando con ansia la riapertura dell’attività. Per Coseano è come riguadagnare un pezzetto d’identità.
Ed economia. Il caseificio affonda infatti le radici indietro nel tempo fino al lontano 1940, quando a fondarlo fu Romolo Di Bidino, tra i primi in Friuli. All’apice della sua attività - guidato dal figlio Renzo, che negli anni d’oro si guadagna il nomignolo di “Re del Montasio” - il caseificio arriva a fatturare 1,5 milioni di euro dalla produzione di formaggi, ricotte affumicate, burro, venduti allo spaccio aziendale e ai supermercati. L’attività s’interrompe nel 2014 con la sentenza di fallimento emessa dal tribunale di Udine. Da allora, tutti gli impianti sono fermi. Gli scaffali per la stagionatura dei formaggi desolatamente vuoti.
Ancora per poco. «Stiamo infatti attendendo il bollino Ce, questione di giorni e potremo finalmente partire» dice Rodaro che la gente ferma per strada chiedendogli quando il caseificio riprenderà l’attività. «Sembra quasi più entusiasta di noi ed è il modo migliore per iniziare quest’avventura» aggiunge lui che per rilevare lo stabilimento, con un importante sforzo economico, ha aperto una società insieme a Paolo Paparcura ed ha assunto un dipendente.
Nell’attesa del marchio, lo stabilimento, grande 2 mila metri quadrati e attrezzato per produrre 200 quintali di formaggio al giorno, è stato riportato in condizione ottimale. Produrrà inizialmente quattro tipi di formaggio: Valcorno, friulano, primo sale e bistecca bianca. Venduti all’ingrosso, ai dettaglianti della zona e in futuro anche alla Gdo con cui Rodaro ha già preso contatti. Non aprirà invece uno spaccio per la vendita diretta. «Non ancora - dice lui - ma visto l’entusiasmo della gente, ci penseremo».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto