«Gelosia, ricatti, telefonate continue: attente ai segnali»

La criminologa Angelica Giancola mette in guardia le donne. «Ascoltate i campanelli d’allarme e seguite il vostro intuito»
Palmanova 1 Agosto 2017. Femminicidio. © Foto Petrussi
Palmanova 1 Agosto 2017. Femminicidio. © Foto Petrussi

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UDINE. Le riempiono di attenzioni, di accortezze, di parole dolci. Sembrano innamoratissimi, le fanno sentire delle regine. Poi, piano piano, le portano a staccarsi dalle amicizie e dalla famiglia, da qualsiasi persona possa far loro aprire gli occhi di fronte a un amore soffocante e morboso. «Non uscire, sento troppo la tua mancanza». «Se passi del tempo con loro vuol dire che non stai abbastanza bene con me».



Lo chiamano amore, ma invece sono rapporti malati, dettati dalla possessività, da subdoli ricatti psicologici che sfociano, sempre più spesso, in violenze e femminicidi.

Angelica Giancola, criminologa, invita a non sottovalutare mai i segnali d’allarme che in alcune situazioni si palesano. «I campanelli ci sono, ascoltateli, suonano sempre prima che sia troppo tardi e seguite l’intuito – è il suo appello – : se vi dice che qualcosa non va, non ignoratelo. La possessività, la gelosia morbosa, le continue telefonate, il tentativo di estraniarvi dal resto del mondo e dal lavoro sono tutti elementi che questi uomini fanno passare per grande amore, ma si tratta di pura follia».

Per questo, secondo la criminologa, concedere un ultimo appuntamento a queste persone può risultare pericoloso. «Chiedono di vedervi per l’ultima volta, ma potrebbe essere anche l’ultima per voi – spiega Giancola – : non andate a quell’ultimo appuntamento, è l’occasione in cui veramente vi possono fare del male, dove la disperazione e la rabbia si traducono in gesti criminali».

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Violenze silenziose, soprusi, aggressività, pressioni psicologiche: la maggior parte dei comportamenti nocivi si annida e si consuma tra le mura domestiche e non appartiene più solo alle classi meno istruite. «Il mito che le donne maltrattate siano quelle meno istruite va sfatato – precisa l’esperta – : è una questione culturale, ma anche determinata da una frustrazione che vive l'uomo, il quale, ritenendo la donna una proprietà, sfoga la rabbia e l’insoddisfazione sul soggetto più debole. Alla base, prima di tutto, ci deve essere il rispetto». Rispetto che, secondo la criminologa, deve essere insegnato ai bambini piccoli, accanto all’empatia. «È logico che l’esempio di un padre che maltratta farà crescere un figlio con determinate convinzioni – afferma – e se una persona è abituata ad atteggiamenti aggressivi e poco rispettosi li reputerà normali in altri contesti».

Orgoglio, bassa autostima, difficoltà a gestire un rifiuto: tante le motivazioni che spingono a compiere omicidi sulle donne. «Credono, con questi gesti di rabbia, di urlare al mondo quanto le amino – prosegue la criminologa – e come per i suicidi, per il rischio di emulazione, stiamo cercando di capire se, visto l’elevato numero di episodi, vi sia lo stesso problema con la risonanza mediatica».

La violenza sulle donne è un fenomeno che si perde nella notte dei tempi, espressione che nonostante decenni di femminismo, emancipazione e pari opportunità, l’uomo continua a considerare la donna una proprietà.
 

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