Fumo, alcol e droghe: così l’infarto colpisce le donne

Ci sono fattori che non si possono modificare – l’età, la familiarità, il genere delle persone – e ci sono comportamenti che invece sono determinanti per salvarci la vita o metterla a repentaglio. E così le donne, anche di giovane età (35-40 anni), diventano soggetti a rischio patologie cardiache perché fumano, consumano alcol e droghe, spesso più degli uomini.
Il valore della prevenzione è emerso con forza ieri mattina durante “Cardiologie aperte” a Pordenone, iniziativa organizzata dall’Aas 5 e rivolta agli studenti delle scuole superiori proprio per sensibilizzare i giovani rispetto ai fattori di rischio che portano allo sviluppo delle malattie cardiovascolari.
«Questa iniziativa – spiega Daniela Pavan, direttore della struttura complessa di cardiologia – serve a veicolare in modo corretto quali sono i fattori di rischio a cui la popolazione va incontro e a far entrare la prevenzione nel bagaglio culturale delle persone e dei giovani in particolare. Altro tema è poi il trasferimento delle informazioni al resto del nucleo famigliare»
Di stili di vita si parla tanto, si legge molto, ma non è ancora sufficiente. Bisogna iniziare a parlare in modo aperto – come hanno fatto ieri i medici con i ragazzi – di quelli che sono gli effetti di alcol, fumo e droghe. «La prevenzione passa da non fumare ed evitare abusi. Nella popolazione femminile in particolare – ha analizzato la dottoressa Pavan – è in aumento sia il fumo sia l’alcol. Questo favorisce l’insorgenza di patologie cardiocircolatorie». Stile di vita sano è anche «sistematicità del movimento, attenzione al colesterolo e ai cibi grassi e fritti, controllo della pressione. E poi bisogna saper elaborare in modo non destruente gli eventi negativi della vita, che fanno parte della vita di tutti e vanno afftontati senza subire lo stress – ha spiegato Pavan –. Altra cosa importante è la continuità delle buone pratiche: chi ha avuto problema cardiaco nei primi mesi segue la terapia e le indicazioni, poi, quando sta meglio e l’evento traumatico è lontano, torna ai comportamenti a rischio».
I cardiologi Rita Piazza e Umberto Grandis, che hanno raccontato con passione ai ragazzi delle superiori quello che è il loro lavoro, sono andati ancor più nello specifico: «La marijuana non ha la pericolosità delle metanfetamine, ma aumenta la percentuale delle malattie cardiovascolari perché è un eccitante, crea danni cerebrali; può dare demenza e, questo è ancora sub iudice, si ritiene faccia aumentare il rischio di tumore al polmone». Poi c’è la cocaina che «ha un forte impatto cardiovascolare. Aumenta l’ipertensione e può causare un infarto anche alla prima dose. Anche la coca tagliata con altre sostanze – hanno messo in guardia i medici – crea effetti che possono essere mortali, anche alla prima somministrazione. La marijuana, inoltre, crea dipendenza e porta ad altre dipendenze per cui attenzione quando si parla di liberalizzare alcune droghe, perché da una droga poi si passa a un’altra». Quando arrivano persone giovani in ospedale con eventi cardiaci gravi, i medici chiedono sempre se il paziente faccia uso di sostanze stupefacenti, ma, anche di fronte a segnali evidenti, si sentono sempre rispondere di no e spesso in modo aggressivo.
La cardiologia di Pordenone è un reparto di eccellenza, con funzione di hub per tutta la provincia. Di recente, sono stati avviati «i percorsi per chi ha uno scompenso cardiaco avanzato. Questo – spiega Pavan – genera patologie croniche per cui è molto importante riuscire a personalizzare le cure». —
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto