Foto per gli annunci hard in Rete, assolto per la seconda volta: «Meri servizi alla persona»

UDINE. Per la seconda volta a processo per avere predisposto servizi fotografici di donne e transessuali in pose erotiche e averli poi diffusi attraverso le bacheche di siti web a tema, e per la seconda volta giudicato non colpevole di favoreggiamento della prostituzione. Perché anche questo genere di annunci pubblicitari – ha stabilito alcuni anni fa la Corte di Cassazione – rientra nel novero dei normali servizi alla persona.
Si è chiuso con un’assoluzione il procedimento che la Procura aveva avviato a carico di Alessandro Bramante, 68 anni, di Udine, per l’attività di promozione delle escort che a lui si erano rivolte fino al 2015, dopo che una sentenza emessa nel marzo 2014 lo aveva già prosciolto dalle medesime accuse. Questa volta, a pronunciare il verdetto è stato il tribunale collegiale presieduto dal giudice Paolo Alessio Vernì (a latere, le colleghe Giulia Pussini e Paola Turri), a fronte della richiesta di condanna che il pm Andrea Gondolo aveva calcolato in 4 anni e 6 mesi di reclusione.
Per capire se sia stata davvero la linea interpretativa dettata dagli ermelini nel 2012 a convincere il collegio a giudicare l’imputato innocente bisognerà attendere il deposito delle motivazioni (il termine è stato indicato in novanta giorni). Ma intanto, è nel solco di quel pronunciamento che anche la difesa, rappresentata dall’avvocato Maria Elena Giunchi, si è mossa, per escludere l’ipotesi del favoreggiamento della prostituzione. Argomenti che, invece, non hanno risparmiato a Bramante e all’altro imputato, Salvatore Giordano, 69 anni, originario di Tramonti, e assistito dall’avvocato Andrea Tascioni, di incassare una condanna per l’ulteriore accusa di avere concorso a importare dalla Repubblica Dominicana, nascoste nelle rispettive valigie, rispettivamente 96 e 140 pastiglie di viagra. Il tribunale ha inflitto loro 8 mesi di arresto e 50 mila euro di ammenda. Calendario alla mano, la prescrizione, in ogni caso, scatterà in pendenza del termine d’appello che la difesa ha comunque già annunciato.
Il caso che aveva offerto alla Cassazione l’occasione per esaminare e mettere così in discussione l’impostazione accusatoria proposta da altra Procura d’Italia aveva riguardato persone che, per ragioni di lavoro, avevano interagito con diverse prostitute. Proprio come succede a chi assicura servizi o beni legati all’attività svolta, dall’albergatore al taxista. «O come il gestore di un sexy shop», ha aggiunto l’avvocato Giunchi. Ebbene, i giudici di legittimità hanno stabilito che «la pubblicazione di inserzioni pubblicitarie sui siti web, al pari di quella sui tradizionali organi d’informazione a mezzo stampa, va considerata come un normale servizio in favore della persona». Tutt’altra cosa rispetto al favoreggiamento, insomma, che risulta integrato «allorché, alla mera pubblicazione, si aggiunga una cooperazione tra soggetto e prostituta, per allestire la pubblicità della donna, rendendo più allettante l’offerta». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto