Festini a base di cocaina tra imprenditori e avvocati in Friuli: ecco come funzionava la centrale dello spaccio

Notificato dagli investigatori dell’Arma il secondo obbligo di dimora. I clienti facoltosi richiedevano la droga di alta qualità

PORDENONE. I clienti più facoltosi erano disposti a spendere fino a mille euro per lo sballo del fine settimana. Tramite il passaparola erano riusciti a consolidare un rapporto di fiducia con i vertici della catena di distribuzione della cocaina che garantivano droga di qualità purissima.

Come spiegano gli esperti, man mano che ci si sposta, infatti, verso i livelli più bassi della filiera dello spaccio, la qualità dello stupefacente diminuisce, perché ciascun anello della catena fa la cresta, tagliando la sostanza per guadagnarci.

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Chi gestiva il giro di droga fra Veneto e Friuli Venezia Giulia si teneva buoni i clienti danarosi, ritirando la merce in caso di lamentele. Soddisfatti, o rimborsati. L’indagine del Nucleo investigativo di Pordenone ha immortalato, cessione dopo cessione, una rete di clienti dal ceto sociale medio-alto. Un centinaio i nominativi segnalati in Prefettura come consumatori, che ora rischiano la sospensione della patente.

Insospettabili liberi professionisti che macinavano chilometri, da Milano a Pordenone, pur di ritirare la cocaina dai loro fornitori di fiducia. Clienti esigenti, che si accorgevano subito se la droga non faceva l’effetto desiderato. Pronti a sborsare 80-100 euro per meno di un grammo di sostanza pura.

Gli investigatori dell’Arma hanno notificato ieri il secondo obbligo di dimora Xhuard Luca, rintracciato a Pasiano. Nel corso dell’indagine è stato bloccato dai militari subito dopo una cessione di droga a un cliente. Lo stupefacente è stato sequestrato.

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La stessa misura cautelare è stata disposta dal gip Monica Biasutti anche nei confronti del marocchino Said Zaim. In carcere sono finiti invece Leart Bejo, 28 anni, di Pordenone, e Version Rexha, 31 anni, residente a Cinto Caomaggiore. Agli arresti domiciliari Tonin Ndoci, 26 anni, di Roveredo in Piano. Tutti e tre sono di origine albanese.

Altre 32 persone fra le province di Pordenone, Udine e Treviso, sono state denunciate a piede libero. Il pm Monica Carraturo, che coordina l’inchiesta, ha deciso di procedere per favoreggiamento nei confronti dei consumatori che si sono trincerati dietro al silenzio, non contribuendo all’indagine. Molti, invece, hanno ammesso di aver fatto uso di cocaina.

La rete dello spaccio si ramificava dalla provincia di Brescia a quella di Treviso, dove si trovavano i contatti degli indagati pordenonesi. I carabinieri hanno individuato in Lombardia la base logistica che gestisce l’approvvigionamento di cocaina dal Nord Europa.

Intanto Monica Cairoli, presidente del Comitato unitario permanente degli ordini e collegi professionali di Pordenone, ha precisato con orgoglio che «la responsabilità penale è personale e generalizzare o parlare di “Tremano i professionisti” discrimina un’intera categoria e lede l’immagine di chi con correttezza ogni giorno opera in una realtà complessa e risponde in prima persona del suo operato».

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