Festa del lavoro, dai sindacati l’appello all’equità sociale

Alla manifestazione di Cgil, Cisl e Uil sono stati bacchettati gli amministratori sulle proroghe Isee e sulle aperture del 25 aprile e I° maggio

PORDENONE Dalla piazza del municipio di Pordenone, colorata dalle bandiere di Cgil, Cisl e Uil per la festa del lavoro, i sindacati hanno invocato il ripristino di un modello sociale basato sulla solidarietà, l’equità e la giustizia, «archiviando l’austerità e rilanciando l’Europa dei popoli e dei diritti». In centinaia hanno sfilato in corteo da piazza Maestri del lavoro, dove è stata deposta una corona d’alloro ai piedi del monumento, fino alla sede del Comune. Sul palco, a nome delle tre sigle sindacali, ha preso la parola il segretario provinciale della Cgil Giuliana Pigozzo, dopo l’inciso del suo omologo della Cisl Arturo Pellizzon, che ha evidenziato il paradosso di questo primo maggio: «Si ha quasi paura di chiamarla festa di lavoro, perché di lavoro ce n’è poco. In questo giorno c’è bisogno di fare memoria e di dire quanto abbiamo bisogno di giustizia, di una società etica e di una riorganizzazione del lavoro».

Pigozzo ha esordito con il bollettino di guerra delle piccole e medie aziende chiuse o in crisi e dei migliaia di lavoratori che rischiano il posto di lavoro: Lavinox, Nuova infa, Imat, Presotto, Julia, Nidec, Safop, Metro, Ovvio, Semeraro, Metecno, Maronese, Palazzetti, Mercatone, Cementificio Buzzi, Sin2. «Interi settori produttivi decimati». La numero uno della Cgil pordenonese ne ha citate solo alcune, senza esaurire la «lunga fila di aziende in crisi o chiuse», alle cui vicende sono legate le vite di «tantissime, troppe persone». «Oggi c’è ancora più bisogno di lottare – ha osservato dal canto suo il segretario provinciale della Uil Roberto Zami – e ricordare che è necessario dare sostanza ai valori e ai principi costituzionali». In attento ascolto, sotto il palco, si sono schierati, per il Partito democratico, i consiglieri regionali Chiara Da Giau e Renata Bagatin, il senatore Lodovico Sonego, il deputato Giorgio Zanin. In testa al corteo, i cui passi sono stati scanditi dalla banda mandamentale di Porcia, il gonfalone della città di Pordenone e il sindaco Claudio Pedrotti con la fascia tricolore.

Un anno fa Pordenone ospitava la manifestazione nazionale. «Sembra ieri – ha osservato Pigozzo – ma sappiamo che con la solidarietà di un intero territorio siamo stati capaci di affrontare molte crisi difficili. Che si chiamano, due per tutte: Electrolux e Ideal Standard, tuttora aperte. Alle quali si sommano altre piccole medie aziende chiuse o in crisi e migliaia di lavoratori e lavoratrici coinvolti». «La crisi non è finita – ha ammonito – e il lavoro rimane ancora la priorità. Difendere e creare lavoro rimane l’unica premessa credibile di una proposta per uscire dalla crisi». Ma allora quello che serve, secondo i sindacati, è un’alternativa all’austerity che grava sulle spalle delle stesse persone «che hanno permesso a questo paese di tagliare traguardi economici e sociali importanti».

Fra le bandiere svettanti in piazza sotto le nuvole gonfie di pioggia che ha risparmiato corteo e manifestazione, Pigozzo si è lanciata in un accorata difesa postuma dell’articolo 18: «Non c’è ragione alcuna per tagliare i diritti e le tutele. A cominciare da quelli che si ritengono antiquati, come la tutela dai licenziamenti, dimenticandosi a quale realtà essa dava risposta e quale realtà ci sarebbe stata consegnata oggi se negli anni passati fossimo stati privati di quella tutela». Poi l’appello, lanciato al Parlamento, «che in questi giorni ci ha offerto in alcuni momenti uno spettacolo indecoroso» a occuparsi «di più del lavoro e della condizione delle persone», investendo in modo consistente nei contratti di solidarietà, per assicurare una prospettiva a molti lavoratori e crisi aziendali, anche a Pordenone. Leggi e politiche del lavoro, secondo i sindacati, devono assicurare dignità ed equità sociale.

La riflessione si è spostata quindi sui migranti: «La logica dell’emergenza va superata con un sistema di accoglienza e di integrazione, che coinvolga tutte le regioni e i comuni dotandoli degli strumenti necessari, insieme all’impegno civile di ognuno», nel rispetto del principio d’uguaglianza sancito dalla Costituzione, un patrimonio che rappresenta una guida morale e un antidoto al «sonno del tempo e della ragione che genera fatti come le scritte alla casa del Popolo».

E qui, strappando applausi a scena aperta, Pigozzo ha bacchettato gli amministratori del Pordenonese per non aver stigmatizzato con forza le aperture delle attività commerciali nelle giornate del 25 aprile e del 1° maggio, «come hanno fatto alcuni sindaci, purtroppo non di questo territorio, che hanno invitato gli esercizi commerciali a restare chiusi al motto: “Liberiamo le feste e riempiamo i carrelli di valori, chiudiamo i negozi e riapriamo le famiglie”. Ai nostri sindaci possiamo dire che c’è sempre tempo per dimostrare quel coraggio etico».

Secondo i sindacati, le cause del declino economico e industriale che parte negli anni Novanta sono frutto della miopia delle classi dirigenti, visibile ora «nelle scelte che si stanno compiendo nei servizi pubblici come la scuola e la sanità», dove si confonde la qualificazione generale con i tagli», «miopie che stanno intaccando il contratto sociale». Le sigle sindacali hanno chiesto esempi concreti. A partire dall’Ideal Standard, dove «riuscire a dare una prospettiva produttiva non costituisce una sfida solo per quei lavoratori costituiti in cooperativa ma per tutta la comunità». E ancora, il monito: «La crisi non impedisce il rispetto del patto sociale e neppure una legislazione sul lavoro coerente o il contrasto alle tante illegalità che strangolano la nostra economia ed alimentano le diseguaglianze. Qui c’è troppa timidezza nell’agire, da parte di tutti i livelli istituzionali. Troppa timidezza che diventa ingiustificabile tolleranza».

L’elenco di Pigozzo è lungo: i prelievi nelle tasche dei pensionati, l’economia che scommette sulla ripresa senza creare occupazione, i tagli alla spesa pubblica a scapito del lavoro e della protezione sociale, la disoccupazione giovanile al 40%, l’assenza nel Def di «una vera lotta all’evasione ed elusione fiscale» a fronte di un dilagare del sommerso. Solidarietà vuol dire anche giustizia. Il segretario provinciale della Cgil ha lanciato l’affondo al presidente della Regione Debora Serracchiani sulla proroga dei termini del nuovo Isee: «Come diversamente spiegare il contrasto stridente fra la serenità degli amministratori, a cominciare dalla nostra massima carica istituzionale regionale, di fronte all’indisponibilità manifestata di prorogare i termini per la consegna del nuovo Isee, chiesta ripetutamente da Cgil, Cisl e Uil? Possibile che non si capisca che qui non si fa un torto al sindacato, ma si limita l’accesso a un diritto per chi ha bisogno?».

I sindacati hanno auspicato la riforma previdenziale, all’indomani dalla sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco dell’adeguamento pensionistico e osservato che il Governo «farebbe bene a chiedersi se non sia più intelligente un’iniziativa plurale e partecipata in luogo di scelte che continuano a penalizzare i lavoratori e i pensionati e la loro rappresentanza sociale». Di fronte a una crisi di immani proporzioni come quella che stiamo vivendo, i sindacati auspicano «una mobilitazione in tutto il territorio per salvaguardare le attività produttive e i posti di lavoro e rilanciare un’idea forte di inclusività. Per invertire i processi di delocalizzazione e de-industrializzazione anche con piani mirati di intervento pubblici, alternativi alle privatizzazioni e con regole più adeguate».

Nel Pordenonese va sostenuta, secondo Pigozzo, la domanda locale di innovazione per creare nuovi posti di lavoro e vanno gestite le situazioni di crisi e vanno stabilite regole condivise per regolamentare gli appalti, a partire da quelli pubblici, per evitare di creare posti di lavoro mal retribuiti sui quali «le aziende scaricano l’abbattimento dei costi». Solidarietà vuol dire anche guardare alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro e dunque prevenire gli infortuni. Un accenno è stato fatto alla tragedia del Qatar dove fino ad oggi, sono morti per infortuni e infarti più di 1.200 lavoratori nei cantieri dei Mondiali del 2022.

Nel giorno della festa del lavoro i sindacati hanno tracciato la strada per sconfiggere le vecchie e nuove povertà: eliminare le discriminazioni nel lavoro e nella società, come «l’odiosa pratica delle dimissioni in bianco» o «quella che si sta compiendo nei consultori familiari dove alle donne oltre i 50 anni non vengono date alcune prestazioni». Un pensiero della Pigozzo è andato anche alle donne e alle troppe violenze che subiscono, non ultimo il dramma familiare di via San Vito.E dopo un doveroso ringraziamento a tutti coloro che lottano per la difesa del loro posto di lavoro e perché altri possano avere maggiori opportunità di impiego, oltre alle forze dell’ordine e agli operatori sanitari, e la solidarietà espressa ai lavoratori nepalesi, dalla piazza del municipio di Pordenone è arrivato un messaggio di speranza: «Il valore del primo maggio resta sempre attuale. Quello della solidarietà e dell’impegno prima di tutto. Perché il nostro Paese è migliore di come viene rappresentato e perché ha in sé le forze per reagire. Noi ne siamo convinti».

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