Ferito e bloccato al freddo per sette notti in Friuli, Michele: "Non respiravo, avevo un polmone perforato. Non cammino ancora"

Giampaolo Sarti

TRIESTE. È ancora ricoverato all’ospedale di Cattinara Michele Benedet, il trentatreenne triestino che una decina di giorni fa è stato salvato insieme al suo cane Ash dal Soccorso alpino di Udine dopo aver trascorso una settimana all’addiaccio. Il giovane è sopravvissuto al gelo, alla fame e alla sete sui monti della Val Venzonassa, in Friuli, sulle Prealpi Giulie. Era ferito e immobilizzato dai traumi subiti per la caduta nel dirupo di neve e pietre in cui era incappato mentre camminava lungo un sentiero.

Ora il giovane si sta lentamente riprendendo. E mano a mano che trascorrono i giorni appaiono più chiare anche le conseguenze dovute ai colpi subiti nella caduta e a tutto quel tempo trascorso al freddo. I medici confermano la rottura del piede ma non quella delle costole. «Sì – spiega Benedet – in effetti quel dolore fortissimo che sentivo e che mi faceva respirare con difficoltà non erano le costole, ma un polmone perforato, così mi è stato detto.

Ora sembra che la ferita interna si stia rimarginando. Ma il problema sono i piedi – continua – perché ho avuto un inizio di congelamento. E per questo problema servono altri esami e altre cure. Non dovrei avere conseguenze gravi e permanenti, ma la situazione è in evoluzione. Al momento però non riesco ancora a camminare. Tutto sommato – aggiunge il giovane – posso dire che mi sento meglio, anche perché sento la vicinanza della mia fidanzata e di tutta la mia famiglia. E anche quella dei miei amici che mi fanno avere cose buone da mangiare. Purtroppo a causa del Covid le visite in ospedale non sono possibili, però sento lo stesso la presenza di tutti».

In questi giorni di ricovero Michele Benedet ha avuto molto tempo per pensare a quanto gli è successo. «Ho ripensato a come sono caduto e al fatto che ho rischiato veramente la vita. Ricordo che quando ero da solo, al freddo, senza cibo né acqua, mi sono venuti in mente i migranti e le condizioni in cui affrontano le lunghe settimane di cammino per arrivare a Trieste percorrendo la rotta balcanica. Pensando ai miei piedi che si stavano congelando, mi sono venuti in mente loro». I soccorritori avevano rintracciato Benedet nei pressi di una strada forestale, dove il giovane era riuscito a trascinarsi nella speranza che qualcuno prima o poi passasse. Era ricoperto di foglie e da una cartina geografica. Così aveva tentato di scaldarsi. Accanto aveva il cane Ash.

L’escursionista triestino è sopravvissuto tutti quei giorni mettendo in bocca pezzetti di ghiaccio ricavati da una piccola pozza gelata che si era formata con gli zampilli di un torrente vicino. Un ruscello che il trentatreenne non era però mai riuscito a raggiungere proprio a causa dei traumi riportati nell’incidente. Lo zaino del giovane è stato ritrovato dai soccorritori in questi giorni.

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto