Fasulo: «Mostro gli abusi per spegnerli»

«Mah, dicono che questo video sia scioccante. Non ho fatto sconti alla forza d’urto maschile che spinge all’angolo la sua metà femmina, volevo isolare la tematica come un virus, rinchiuderla in un teatro e guardarla in faccia».
Due minuti, soltanto due. Le urla dell’uomo spengono gli occhi della compagna. No! (prodotto da Nefertiti Film) è la realizzazione finale e filmica di un progetto contro la violenza sulle donne, by Alberto Fasulo, il regista che da sempre gira asportando parti rilevanti della vita.
No! è parte rilevante di Io no! un evento multiplo con una fonte primaria, il teatro Verdi di Pordenone. Una lotta al fenomeno da sempre priorità del Comunale.
«Una sensibilità - spiega il presidente Lessio - che da sempre si è declinata inserendo nella programmazione proposte legate ai temi della donna e al suo mondo culminata con la “sedia vuota”, simbolo della campagna postoccupato.org per ricordare tutte le donne che non potranno essere a teatro perché un fidanzato o un marito ha deciso di togliere loro la vita».
Fasulo ammette di essersi «preoccupato» appena Emanuela Furlan «mi propose una creazione su una tematica così suscettibile e stretta da un tempo soffocante. Solitamente ho bisogno di metabolizzare gli argomenti: prima m’immergo e li studio, poi risalgo e aziono la macchina. Stavolta bisognava concentrare ai massimi e soprattutto individuare le tonalità precise di un attacco.
E ti riempi di domande: ’sta violenza la devo mostrare o farla immaginare? È il tre per cento a denunciare. Una miseria, scopro. Fresca è l’assoluzione di un violento da parte di un giudice perché i fatti risalivano a quattordici anni prima. Sei salvo, dunque, se lei tace o se sopporta a lungo. Follia».
La violenza scelta da Fasulo come rappresentazione della Violenza è economica, una delle tante ossessioni frequenti. «Ogni bolletta, ogni scontrino, ogni estratto conto innescano strilla e sberle se qualcosa è smarrito o non combacia».
No! è volutamente ristretto su un palcoscenico «desideravo simulare il luogo casa, che sa trattenere i peccati, facendoli rimbalzare sui muri, impedendone la fuga. Sono stato attraversato in più momenti da domande decisive: quanto posso spingermi oltre? Credo che il far intuire e il non dire equivalga al non raccontare come stanno le cose. È un nascondersi dietro i fatti. L’osare troppo avrebbe potuto scatenare violenza su violenza. La giusta distanza. Quella cercavo. E Mirko Artuso e Viviana Piccolo mi hanno aiutato nell’impresa, ammetto non facile, di far maturare pensieri».
Televisione e cinema (Rai e Cec, nello specifico) smerceranno No! usando la potenza dei media. «Non ho mostrato i lividi. Quelli vengono dopo, e sono il primo sintomo che il corpo sta guarendo».
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