False fatturazioni, Qbell nella bufera

Perquisizioni della Guardia di Finanza alla sede di Remanzacco. Nel mirino della Procura documenti per 60 milioni di euro

REMANZACCO. Blitz della Guardia di finanza nella sede della società “Qbell technology Spa” di Remanzacco, azienda produttrice di schermi Tv e nell’abitazione dell’amministratore delegato dell’azienda Giuliano Macripò. Le perquisizioni effettuate dai militari del Nucleo di polizia tributaria su delega della Procura risalgono al 23 ottobre e fanno capo a un’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Paola de Franceschi per presunti reati fiscali a carico di Macripò, presidente del Consiglio di amministrazione fino al 21 giugno scorso e amministratore delegato della Qbell, azienda in crisi che è stata sponsor dell’Udinese e che la prossima settimana presenterà istanza di concordato. Sotto sequestro una corposa mole di documenti.

In ballo, secondo la tesi dell’accusa, ci sarebbero circa 60 milioni di fatture a fronte di operazioni inesistenti emesse con l’obiettivo di evadere le imposte. In relazione a queste accuse Macripò, 55 anni residente a Udine, rappresentato dall’avvocato di fiducia Luca Ponti, è stato iscritto nel registro degli indagati. Stando agli esiti delle indagini svolte dagli uomini del Nucleo di polizia tributaria e agli accertamenti effettuati dall’Agenzia delle entrate, l’azienda si sarebbe avvalsa di fatture per operazioni inesistenti emesse da “società cartiere” a partire dal 2008 al fine di crearsi un indebito credito Iva da porre in compensazione con l’Iva a debito. Nel contempo la Qbell avrebbe anche emesso fatture nei confronti di società per fittizi scambi intracomunitari in regime di esenzione Iva, creando così un sistema di frode a carosello per evitare il pagamento delle imposte.

A Macripò viene contestato di aver utilizzato fatture emesse da cinque fornitori(Keymat industrie Spa, Mediagroup distribuzione Spa, Multimedia informatica Spa, Multiservice Srl e Top computer Sas) per evadere l’imposta sul valore aggiunto, indicando poi nelle dichiarazioni annuali elementi passivi fittizi per creare un credito d’imposta. Sarebbero stati così dedotti 2.981.821 per l’anno 2008, 8.892.359 euro per il 2009 e 16.133.239 euro per il 2010.

E ancora, stando alla tesi dell’accusa nei confronti del legale rappresentante della società, per consentire l’evasione dell’imposta e far figurare vendite in regime di esenzione Iva, la Qbell avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti di altrettanti clienti (Bulgaria trading, Gapi Srl, Agorà elektronik, Merkot ed Euro starl Srl). Consistenti anche in questo caso gli importi: si tratta di fatture per un ammontare di 8.595.527 euro per il 2008, 7.160.612 euro per il 2009 e 15.893.210 euro per il 2010.

Infine, fra i reati ipotizzati, figura l’utilizzo dell’indebito credito Iva per compensare i debiti Ires e Iva relativi agli anni 2008–2010, quindi l’utilizzo e la presentazione di fatture su operazioni inesistenti per portarle allo sconto alle banche.

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto