Ex asilo di Santa Caterina tra altro utilizzo e vendita

Pasian di Prato, dibattito a 5 anni dal trasferimento della materna in via Da Vinci L’area vale 260 mila euro. Le ipotesi: centro socio-sanitario o sede di associazioni

PASIAN DI PRATO

Quale destinazione d’uso per l’ex asilo di Santa Caterina? Da alcuni mesi l’interrogativo pende sugli amministratori, sia di maggioranza che di opposizione. E’ da 5 anni, da quando cioè la scuola materna è stata spostata nel nuovo polo scolastico di via Da Vinci, che il Comune non sa cosa fare dell’ex asilo di Santa Caterina. Con l’approvazione del piano di alienazioni e valorizzazioni immobiliari 2011-2013, approvato dal in aprile, la maggioranza aveva deciso di variare la destinazione d’uso dell’immobile per destinare l’edificio di via Genova a centro di medicina sociale, cercando di coinvolgere nella realizzazione dell’opera privati utilizzando strumenti come il project financing. La struttura a un piano della superficie di 750 mq è inserita in un area pubblica di 2.800 mq, circondata da aree residenziali: stando alla variante al piano regolatore, «vista la posizione strategica e la presenza di un’ottima rete viaria, si presterebbe a ospitare una struttura sanitaria-assistenziale, che andrebbe a integrare in maniera strategica quelle già esistenti all’interno del territorio comunale». Il valore stimato dell’immobile ammonterebbe a 260 mila euro. Ora escono allo scoperto l’ex capogruppo del Pdl, Lucio Leita, e Giorgio Ursig, capogruppo della civica Autonomia e comunità. «Ormai per le amministrazioni locali i tempi sono cambiati - dice Leita -. Alcune scelte fatte dalla precedente amministrazione hanno avuto come effetto quello di aumentare in modo esponenziale l’indebitamento dell’ente, limitando così l’azione della giunta Cosatti. Oggi per il Comune l’ex asilo di Santa Caterina comporta soltanto inutili spese per la manutenzione. L’unica soluzione è vendere l’immobile e con i proventi andare a estinguere in parte alcuni mutui».

«Un privato non investirà mai - afferma Ursig -. Invece che imbarcarsi in operazioni poco oculate, come nel caso del progetto di Bonavilla, l’amministrazione farebbe meglio a dirottare quei finanziamenti nel recupero del fabbricato, destinandolo alle associazioni, che debbono fare i conti con la costante carenza di spazi»

Stefano Felcher

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