Europei, Meret vicino a un sogno anche senza mai giocare

FLAMBRO. Alex Meret è un ragazzo di 22 anni che fa della semplicità la sua forza. Ama i fatti e non le chiacchiere e in questo è molto friulano. Di mestiere fa il portiere di calcio, una passione trasmessagli dal nonno materno, Edo Vissa, uno dei fondatori della Polisportiva Flambro e scomparso lo scorso ottobre, e da papà Arrigo originario di Flambruzzo. In casa Meret nessuno parla, un po’ per scaramanzia, un po’ per riservatezza. Accettiamolo. Stasera Alex potrebbe diventare campione d’Europa, e poco importa se fino a oggi è l’unico azzurro dei 26 a disposizione del ct Roberto Mancini, a non essere sceso in campo nemmeno per un minuto. Alla fine conta quello che c’è scritto negli almanacchi: anche Amelia, che fece il terzo al Mondiale di Germania 2006, non vide il campo, ma nel suo curriculum c’è comunque scritto “campione del mondo”.
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Alex non osava sperare tanto quando capì che di mestiere avrebbe potuto fare il calciatore. Dopo aver mosso i primi passi nel Donatello, era finito all’Udinese e quella fu la svolta. Di un anno più giocane di Simone Scuffet, quando l’amico-collega esordì in serie A ancora minorenne e tutti parlavano di lui, in società erano in tanti a far presente che «dietro Simone ce n’è uno ancora più bravo». Alex appunto, che per uno strano scherzo del destino, non è riuscito a giocare nemmeno un minuto in serie A con la maglia bianconera.
Dopo aver esordito in Coppa Italia contro l’Atalanta (era il 2 dicembre del 2015) Alex non ha avuto la possibilità di giocare un po’ perché davanti c’era un portiere in quel momento affidabilissimo come Karnezis e poi perché la stagione dell’Udinese si è maledettamente complicata con una salvezza che è arrivata a 90’ minuti dalla fine. Non esattamente la situazione ideale per gettare nella mischia un ragazzo di diciotto anni. Poi in estate è maturata la decisione di mandarlo a giocare: la Spal è stata la sua fortuna. Un campionato di B vinto e l’anno successivo la serie A con una salvezza tutt’altro che scontata portata a casa. In campo solo dall’inizio del girone di ritorno in poi per un infortunio alla mano, Meret ha talmente stupito per sicurezza e rendimento che, rientrato a Udine, si è visto arrivare subito un’offerta irrinunciabile sia per lui che per l’Udinese: quella del Napoli.
Napoli, la squadra che nel 1968 era quella di un altro friulano, Dino Zoff, che proprio in quell’anno vinceva l’Europeo organizzato in Italia. I paragoni con un mito del genere non fanno bene e nemmeno la concorrenza con il portiere di sostanza ed esperto come Ospina, titolare della nazionale colombiana. E infatti, specialmente sotto la gestione di Gattuso, che ha alternato molto i due estremi difensori, Meret ne ha un po’ risentito. E ha tenuto di perdere il treno per l’Europeo. Si è giocato il posto fino all’ultimo istante con il portiere del Cagliari Cragno. Decisiva, forse, quel po’ di esperienza internazionale in più guadagnata con l’esperienza europea fatta con il Napoli prima in Champions sotto la gestione di Ancelotti e poi in Europa League.
Al di là di quello che sarà l’epilogo questa resterà un’esperienza indimenticabile e formativa per Alex. A 22 anni far parte di un gruppo così unito e che ha risvegliato l’amore degli italiani per la maglia azzurra è qualcosa che ti lascia dentro qualcosa di forte, tangibile. Il suo pensiero in queste ore di vigilia è andato sicuramente a nonno Edo che stravedeva per quel suo nipote capace di volare con semplicità ed efficacia da un palo all’altro e per nonna Nerina. E ovviamente a papà Arrivo e mamma Manuela che l’hanno sempre supportato agli inizi della carriera quando un ragazzino gioca per divertirsi, sognando ma senza avere certezze che poi quel gioco diventerà una professione.
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