È morto Tin, ultimo testimone di Porzûs

UDINE. Se n’è andato all’età di 91 anni Leo Patussi, portando con sè tanti segreti su uno dei più tragici e controversi eventi della Resistenza: l’eccidio alle malghe di Porzûs.
Leo Patussi, nome di battaglia “Tin”, ultimo testimone della strage, ha vissuto i suoi ultimi anni a Padova dov’è morto giovedì, ma il cuore è sempre rimasto a Tarvisio, dove nacque il 5 novembre del 1922, e a Udine, dove aveva vissuto a lungo e dove spesso tornava, anche negli ultimi anni, volgendo lo sguardo a quei monti dove si consumò l’eccidio al quale, assieme a Gaetano Valente “Cassino”, si salvò riuscendo a convincere i gappisti della sua volontà di passare dalla loro parte. E sarà diretto al cimitero di Udine, dove sarà tumulato, il suo ultimo viaggio, mercoledì alle 15.30.
Personalità complessa, “Tin” come ha scritto Marco Cesselli nel suo libro “Porzûs, due volti della Resistenza. «Fu fra i più decisi accusatori - si legge nel libro - forse per scagionarsi di essere stato risparmiato dai gappisti. I più attribuiscono la grazia accordata a Patussi all’intervento del gappista Mazzaroli, suo amico di gioventù, Patussi accenna ad altri motivi, fra cui certi medicinali che teneva in tasca e che lo avrebbero fatto passare agli occhi dei Gap come una specie di infermiere, forse non fu una semplice coincidenza se finì aiutante del medico partigiano Zagolin».
A ricordare la figura di Patussi è il professor Paolo Strazzolini, storico locale e docente all’Università degli studi di Udine che sull’eccidio ha pubblicato approfonditi studi. «Era un gentiluomo, un uomo mite, una persona corretta che parlava volentieri di quei fatti storici - riferisce Strazzolini - fu un convinto esecratore di quanto era successo ed era certo di essere stato molto fortunato. Nel dopoguerra - aggiunge – aveva intrapreso la carriera militare nel Genio, fino al grado di generale di Divisione, con cui andò in quiescenza. Trascorse gli ultimi anni a Padova, dove vivono la moglie, i due figli e i nipoti, sempre rimandendo legato a Udine e al Friuli».
Con il fratello Ancillo Patussi “Sante”, ha partecipato attivamente alla Resistenza inquadrato nella prima Brigata Osoppo Friuli (prima Divisione Osoppo Friuli, Gruppo Brigate dell’Est) dislocata in alcune malghe sul monte Topli Uork, al comando di Francesco De Gregori “Bolla” (zio dell’omonimo cantautore) e Alfredo Berzanti “Paolo” (Delegato politico).
Come sarebbe emerso dalla versione ufficiale e processuale il 7 febbraio 1945, un gruppo di circa un’ottantina di gappisti comandati da Mario Toffanin “Giacca”, partendo dal Bosco Romagno dove avevano base, raggiunsero le malghe di Porzûs, a quel tempo chiamate Uork dove dall’autunno precedente aveva sede il comando del Gruppo brigate “Osoppo dell’Est” comandato dal capitano dell’esercito Francesco De Gregori “Bolla”. Arrivati alle malghe, i gappisti finsero di essere un gruppo di sbandati che volevano aggregarsi ai reperti, aiutati dalla presenza di Fortunato Pagnutti “Dinamite”, già partigiano dall’Osoppo e fugarono i sospetti degli osovani. Un agguato in cui morirono il comandante Bolla, il delegato politico Gastone Valente “Enea”, Elda Turchetti “Livia” effettivo della prima brigata Osoppo Friuli e Giovanni Comin “Tigre”, partigiano garibaldino in fuga dai tedeschi, intercettato e trucidato.
Si salvò con una fuga rocambolesca, pur ferito e raggiunto da sei colpi di arma da fuoco Aldo Bricco “Centina” neo comandante entrante del Gruppo Brigate dell’Est prima divisione Osoppo Friuli.
Il resto dei prigionieri, 13 componenti della prima Brigata e 2 della sesta, giunti al seguito di “Centina”, fu condotto alla base gappista nella zona del Bosco Romagno dove, tra il 9 e il 18 Febbraio 1945, furono sommariamente eliminati (tra le vittime spicca Guidalberto Pasolini, fratello di Pier Paolo). Si salvano due osovani: Gaetano Valente “Cassino” e, appunto, Leo Patussi “Tin”. A guerra finita, entrambi sono rientrati nei ranghi e hanno partecipato ai vari processi divenendo tra i più convinti accusatori dei gappisti assassini.
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