È morto Piero Gervasoni, imprenditore e castellano

Presidente dell’azienda di Pavia di Udine e proprietario del maniero di Susans è scomparso a 76 anni

UDINE. Raccogliere un’azienda che affonda le sue radici nelle storia e poi, dopo averla fatta crescere nel tempo e nello spazio, consegnarla al futuro. Questa, in estrema sintesi la parabola esistenziale di Pietro Gervasoni, per tutti Piero, morto domenica mattina all’età di 76 anni nella sua abitazione di Udine.

Raccontare la storia di Piero Gervasoni significa ripercorrere a ritroso la storia di quella parte dell’imprenditoria friulana operosa che ha saputo lasciare un’impronta indelebile nell’economia locale.

Figlio di Giovanni Gervasoni e di Gina Del Mestre, Piero nacque dopo le sorelle Giuliana e Silvana. Avrebbe voluto fare il medico, ma, obbedendo a una richiesta del padre, finì per diplomarsi all’istituto Zanon e, nel 1958 entrò nell’azienda del padre per affiancarlo fino alla sua morte nel 1977. La Gervasoni era nata nel 1882 come piccolo laboratorio artigianale per l’intreccio del vimini. Nel 1925 alla direzione della Società friulana industria vimini che produceva cesti piccoli oggetti per il mercato locale c’era Giovanni Gervasoni, affiancato dal socio Danilo Della Martina. L’azienda puntò sul mercato delle navi passeggeri e, con il contributo di architetti e designer, arrivarono prestigiose commesse per le navi italiane. Nemmeno la seconda guerra mondiale, la bomba che cadde sullo stabilimento di via Brenari e l’incendio che nel 1954 distrusse buona parte della fabbrica fermarono la crescita della Gervasoni. Fu allora che Giovanni decise di chiudere i rapporti con il socio e di costruire un nuovo stabilimento in via Gervasutta nella periferia sud della città. In quel frangente il giovane ragioniere Piero, all’età di 19 anni fece il suo ingresso nell’azienda.

Giovane di bell’aspetto e di grandi capacità professionali, nel 1961 sposò la coetanea Anna Marisa Gallanda.

Determinato, franco e concreto, si affermò ben presto sul lavoro, tant’è che nel 1962 l’azienda assunse la denominazione di Giovanni e Pietro Gervasoni snc. Con la sua intraprendenza la fama dell’azienda superò i confini nazionali grazie al lavoro di promozione fra fiere e mercati e al contributo di telentuosi designer che rinnovarono la produzione. Poi arrivò la Germa, acronimo di Gervasoni mobili arredamenti, l’azienda che rivoluzionò il panorama del mobile arredo friulano. Dopo la morte di Giovanni, l’azienda che fu trasferita nella zona industriale di Pavia di Udine, si preparò a una nuova fase di crescita aprendo il capitale sociale e una minoritaria partecipazione della finanziaria regionale Friulia Spa. Con un’apertura mentale che spezzava il vetusto adagio friulano “fasin di besoj” la Gervasoni acquistò la Lyda levi srl, il negozio di via Durini a Milano, che ancora oggi è show room dell’azienda. Nominato cavaliere ufficiale del Presidente della Repubblica nel 1979, fu membro del comitato consultivo del Salone del Mobile di Milano e ricoprì numerosi incarichi anche nell’Associazione industriale di Udine e in Confindustria Udine, come del resto a Confidi e al Consorzio per lo sviluppo industriale del Friuli centrale. A partire dalla fine degli anni Ottanta fecero ingresso in azienda i figli Michele e Giovanni dando vita alla terza generazione di Gervasoni alla guida dell’azienda con il passaggio di consegne nel 1999 quando Piero, lasciò ai due figli il ruolo di amministratori delegati dell’azienda rimanendone presidente.

Poi l’insorgenza di una malattia, lenta e progressiva non ha piegato la tempra di Piero ma ha diluito progressivamente i suoi ritmi. Fino a domenica quando il suo cuore ha cessato di battere mentre si trovava nella sua abitazione.

Primo ad arrivare al mattino e ultimo ad andarsene alla sera soleva incalzare i figli ripetendo loro: «Dai che il sol magna le ore». Le sue uniche passioni oltre al lavoro erano la caccia e il castello di Susans, acquistato nel 2002 e divenuto un centro di iniziative culturali e congressuali.

Marisa, la moglie, che con lui ha diviso una vita, lo ha definito affettuosamente «un marito impegnativo» e una «persona molto corretta, rispettosa delle regole, del prossimo, informato e colto». Il figlio Giovanni lo dipinge come «un idealista sognatore, capace di visioni creative ma con i piedi per terra». Michele custodisce gelosamente i valori che gli sono stati trasmessi del padre, che gli ha insegnato «ad andare avanti con una certa aggressività a essere curioso e ad andare oltre la prima impressione».

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