E’ caos sui confini delle Unioni: molti sindaci sul piede di guerra

La ripartizione in 17 ambiti non piace a decine di municipi. Minacce di ricorsi e referendum. La grande Udine non decolla, il conurbamento pordenonese s’allarga troppo. Montagna divisa

UDINE. Mano a mano che si avvicina la scadenza entro la quale la giunta Serracchiani dovrà approvare la proposta di perimetrazione delle future Unioni territoriali intercomunali, alla “base” i malumori si moltiplicano. Molti dei 217 Comuni del Fvg guardano con preoccupazione alla rivoluzione targata Panontin e diversi si preparano – nel migliore dei casi - ad andare in consiglio comunale per chiedere lo spostamento da un’Unione a un’altra.

Nel peggiore minacciano d’impugnare la norma per incostituzionalità o ancora di coinvolgere la popolazione in consultazioni referendarie. In queste ore il sistema degli enti locali assomiglia a una pentola a pressione. Pronta ad esplodere. Nei Comuni si susseguono riunioni a ritmo serrato che non di rado trovano sintesi in documenti inviati all’assessore Paolo Panontin per proporre modifiche, migliorie se non veri e propri stravolgimenti dei confini ipotizzati dalla giunta.

Il quadro generale

Stando al documento diffuso settimane fa dalla Regione, le Uti dovrebbero essere 17: una coincidente con la provincia di Trieste, due nel goriziano, cinque nel pordenonese e nove in provincia di Udine. Diciassette (ricalcanti i confini degli ambiti socioassistenziali), a meno che non spunti in corner un’Uti dei Comuni di lingua slovena considerato che la legge consente, solo in questo caso, di aggregare realtà non confinanti tra loro. Possibile è dunque la realizzazione di un’Unione a macchia di leopardo o in alternativa di una che metta assieme tutta la fascia confinaria, da Duino Aurisina al Cividalese. Sarebbe l’Uti numero 18, ma le altre? Come accennato c’è grande fermento.

Udinese

Una sola delle nove Unioni ipotizzate è “scontata”. Si tratta di quella carnica, che ricalcherà i confini della Comunità montana. Idem la prospettiva per Gemonese, Val Canale e Canal del Ferro, la cui mutazione però è tutt’altro che benvenuta. Tarvisiano e “valli” rivendicano infatti la propria identità e autonomia rispetto al Gemonese e si dicono pronti ad impugnare la legge che tacciano d’incostituzionalità. Gemona, a sua volta, mira a un progetto ben diverso da quello dell’Alto Friuli Orientale. Assieme ad Artegna, Montenars, Venzone, Bordano, Trasaghis e Osoppo ha indirizzato una richiesta “choc” all’assessore Panontin: dar vita a un’Uti di 100 mila abitanti, contraltare rispetto alla “grande Udine”, che metta insieme Gemonese, Collinare e Tarcentino.

Ma la proposta pare incompatibile con le ambizioni della Comunità collinare di trasformarsi così com’è in Uti. Il passaggio non è del tutto scontato, vista la posizione d’indecisione che interessa Flaibano (fortemente orientato verso il codroipese), ma è fondamentale per gestire il personale e mantenere il patrimonio dell’ente evitando i pesantissimi costi – si stimano oltre 2 milioni di euro – che viceversa deriverebbero dalla sua messa in liquidazione. L’Unione del Torre rischia dal canto suo diverse defezioni: da Magnano in Riviera, che oggi è in associazione intercomunale con Artegna, a Tricesimo, che storicamente è orientato più verso Udine che verso Tarcento. Fa proseliti l’Uti del Natisone: se da un lato “balla” Manzano (in direzione Palmanova), dall’altro il cividalese potrebbe guadagnare Comuni destinati ad altre Unioni ma legati all’area Torre da positive esperienze in Aster, come Pavia di Udine, Pradamano, Santa Maria la Longa e Trivignano.

La grande Udine

Continua a ribollire la cintura udinese i cui Comuni temono di essere schiacciati dal peso politico e organizzativo della città tanto da aver proposto un’Unione (bocciata) a due fasi. Il codroipese è un ambito affiatato e non dovrebbe riservare sorprese, che invece si annunciano mano a mano che si procede verso il mare. Qui, la Grande bassa è tutt’altro che un miraggio. Le due Uti – occidentale con Latisana, orientale con Cervignano – resteranno distinte sì, ma politicamente affiatate: intendono infatti muoversi - questa la volontà delle amministrazioni - in stretta collaborazione su temi strategici come turismo, urbanistica, viabilità. Quanto ai confini, non sono scontati. Se infatti Trivignano e Santa Maria la Longa guardano come sottolineato al Cividalese, ben 5 Comuni dell’Uti di Latisana – Torviscosa, Porpetto, San Giorgio, Carlino e Marano Lagunare - stanno valutando (venerdì è prevista l’ennesima riunione) il passaggio all’Uti di Cervignano.

Pordenone

Diversamente da Udine, qui il richiamo della città rispetto all’immediata periferia è insolitamente forte e molti mirano a saltare sul carro del capoluogo se è vero che ci stanno pensando sia Zoppola che Aviano che comprende pure Piancavallo considerata la montagna dei pordenonesi. C’è poi l’incognita Spilimbergo, destinata all’Unione di Maniago ma sensibile al richiamo di San Vito al Tagliamento non fosse che al confine c’è San Giorgio della Richinvelda, a questo punto determinante. Ma non tutti nel Sanvitese sono disposti ad allargarsi allo Spilimberghese, soprattutto nei Comuni minori che temono di essere schiacciati dai capoluoghi di mandamento. Grande confusione pure nella basse, tra spinte accentratrici verso Sacile e una visione di partenza che punta a dividere il distretto del Mobile che rappresenta l’unico elemento di omogeneità dell’intersa area.

Gorizia e Trieste

Non dovrebbe riservare soprese l’Uti del capoluogo regionale, frutto di una trasformazione tout court della provincia, mentre a metà si spaccherà quella vicina del Goriziano, tra Isonzo orientale e occidentale. Qui, dubbia resta la posizione di Grado, che nelle settimane passate aveva preso in considerazione l’opzione di passare all’Unione di Cervignano per le sinergie in materia di turismo che vedono la località balneare legata ad Aquileia. Riflessione che oggi pare archiviata, o meglio, demandata alla creazione (possibile a cavallo tra due Unioni?) di uno specifico sub-ambito.

Il risiko dei sub-ambiti

Strumento, quest’ultimo, criticato da taluni per essere privo di personalità giuridica, che in prospettiva potrebbe però dar risposta alle richieste di maggiore autonomia e collaborazione provenienti dai Comuni. Insomma un quadro frastagliato e una matassa che la giunta farà fatica a sbrogliare.

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